Regia: Danny Boyle
Soggetto: dal romanzo Le dodici domande di Vikcas Swarup
Sceneggiatura: Simon Beaufoy
Fotografia: Anthony Dod Mantle
Musica: A.R. Rahman
Montaggio: Chris Dickens
Scenografia: Mark Digby
Costumi: Suttirat Anne Larlarb
Interpreti: Dev Patel (Jamal Malik adulto), Freida Pinto (Latika adulta), Anil Kapoor (Prem Kumar), Irrfan Khan (Ispettore), Mahesh Manjrekar (Javed), Ankur Vival (Maman), Saurabh Shukla (Sergente Srinivas) Tanay Hemant Chheda (Jamal ragazzo), Ashutosh Lobo Gajiwala (Salim ragazzo), Ayush Mahesh Khedekar (Jamal bambino), Azharuddin Mohammed Ismail (Salim bambino), Rubina Ali (Latika bambina).
Prod.: Warner Bros/Film 4
Origine: USA/GB
Anno di edizione 2008
Durata: 122’
Sinossi
Jamal è un giovane vissuto per le strade dei quartieri più poveri di Mumbay (Bombay). Cercherà la donna che ama partecipando al famoso programma televisivo Chi vuol esser milionario?
Per cominciare …
The Millionaire è uno dei film più discussi e premiati del 2008, la conquista di numerose statuette al premio Oscar ha rappresentato l’apoteosi finale di un percorso che ha visto l’opera di Boyle trionfare ovunque. The Millionaire è stato recensito dalla critica in modo variegato: Time parla di “un inno alla vita, un film da festeggiare” mentre The Guardian non fa tante perifrasi e lo definisce “poverty porn”. Al di là del successo e della buona “confezione” del prodotto, le tematiche affrontate suscitano alcuni interrogativi: siamo di fronte a una coraggiosa denuncia delle condizioni disumane in cui vivono milioni di bambini e giovani nell‘lndia contemporanea; o forse ci troviamo di fronte a un perfetto meccanismo stilistico e narrativo, che con la scusa della ”pietas” rilegge con astuzia gli stilemi del cinema indiano e lo addomestica per lo spettatore globalizzato? Si tratta di un sincero atto di amore verso il cinema tout court, che puo permettersi ancora una volta di far trionfare il bene sul male e sa coinvolgere lo spettatore a livello emotivo, con colori, musiche e situazioni drammaturgiche di grande impatto oppure siamo vittime di un inganno, che mira al puro intrattenimento estetizzante, in cui la calligrafia di ogni inquadratura si riverbera nella propria autoreferenzialità e i cliché narrativi fagocitano ogni specificità del complesso contesto indiano? Scegliete voi quale dei quattro tasti premere, operazione non così facile...
Il Prologo
Mumbay 2006. Jamal “rischia” di vincere 20 milioni di rupie (poco più di 300 mila euro) a Chi vuol esser milionario? ma, sospettato di essere un truffatore, viene arrestato e subisce, “nell'ordine surreale del montaggio”, le domande della polizia e del presentatore. Come ha fatto? A: Ha imbrogliato. B: È fortunato. C: È un genio. D: Era scritto.
5 minuti e 16 secondi: l’incipit di The Millionaire (prima dell’arrivo del titolo di testa), si esaurisce in questo breve spazio temporale ma presenta già alcune importanti chiavi di lettura.
Autore versatile, che attraversa incolume generi ed estetiche, Danny Boyle da sempre mette in scena personaggi che contemplano tutti una magnifica ossessione e corrono a perdifiato per realizzarla. Dopo ”i tossici” di Trainspotting, dopo le odissee solari (Sunshine), dopo le spiagge incontaminate (The Beach) e dopo le sterline piovute dal cielo (Millions), il regista scozzese entra nello studio televisivo di Mumbay per osservare la vita di Jamal Malik. Il centro narrativo del fim è infatti Chi vuol essere milionario?: proprio il format che conosciamo in versione italiana, identico svolgimento, uguale grafica e perfino stessa musica d’atmosfera. Una scelta “global” per raccontare un’India sospesa tra oriente e occidente, tra grande ricchezza ed estrema povertà, tra un centro ad alta teconologia come un call center e un Chai-wallah (il ragazzo che porta il tè). Come fa un pezzente ad arrivare dove medici e avvocati hanno fallito? Si chiede incredulo il capitano di polizia che lo sta interrogando. Ma Jamal non ha niente da confessare: conosce le risposte perché hanno segnato alcune tappe della sua straordinaria vita.
L‘indagine serrata nella mente di Jamal e i continui passaggi fra ricordo remoto, ricordo recente ed esperienza presente permettono alla storia il suo naturale sviluppo. Un ping pong di immagini sottolineate dal tipico stile "da videoclip" del regista inglese, caratterizzato da un montaggio veloce e frammentato, “a graffa” per dirla con una termilogia cara ai semiologi, e da un commento sonoro di notevole presa emotiva. Come, appunto, nelle inquadrature iniziali: campo/controcampo in primo piano di Jamal e del sergente che si fronteggiano, il militare ha una sigaretta in bocca, il suono delle nuvole di fumo espirate è amplificato e sospende la scena in un presente senza tempo. Poi improvviso uno schiaffo al ragazzo, sul rumore entra la voce over del conduttore (sullo schermo al nero) che si chiede: A Jamal Malik manca una risposta per vincere 20 milioni rupie. Come ha fatto? A: Ha imbrogliato. B: È fortunato. C: È un genio. D: Era scritto. Dal buio emerge il volto di Jamal e ancora la voce dà il benvenuto agli spettatori. Una mano lascia scivolare una montagna di banconote. Il presentatore chiede a Jamal se è pronto, ancora immagini che arrivano dal buio e di nuovo la mano che getta i soldi in una vasca. Inizia il programma e in tripudio di luci i due entrano nello studio televisivo. Un emozionato Jamal si siede nella postazione riservata ai concorrenti. Ancora lo schiaffo del poliziotto che chiede il nome al ragazzo. Si torna in studio e Prem, il conduttore, chiede al concorrente di raccontare qualcosa di sé. Jamal viene quasi annegato dal poliziotto e confessa di lavorare in un call center. Di nuovo in studio si parla del lavoro del concorrente e Jamal confessa imbarazzato di portare il tè, Prem ironizza su questo impiego e con enfasi dà inizio al gioco. L’immagine di una bella ragazza alla stazione. Le brevi evocazioni di avvenimenti che osserviamo in questa parte dell’incipit (la ragazza, i soldi) troveranno in seguito la loro giusta collocazione nel puzzle narrativo del film. Con l’arrivo dell’ispettore il ritmo del racconto si fa più “disteso” (la scena dell’interrogatorio dura oltre 2 minuti) ma è anche più drammatico (la tortura): abbandonato temporaneamente lo studio televisivo entra in scena la cruda realtà. Questi repentini avvicendamenti segneranno tutto The Millionaire in un alternanza di paure e desideri, tra assoli sentimentali e crudeltà brutali, tra determinazione e insicurezza. E infine la composizione delle inquadrature, ovvero il modo in cui Boyle organizza lo spazio visivo che fa da sfondo alla narrazione. Le sue scelte fin dal prologo sono precise e le immagini fanno riferimento ad una forte presenza dell’autore: inclinazioni oblique della macchina da presa, dal basso, dall’alto, plongé, ricorso allo sfuocato e ai forti contrasti tonali tra luci e ombre. Anche in questo caso ci troviamo in presenza di uno stile che sarà presente in quasi tutto il film.
I bambini e i poliziotti
Un gruppo di bambini sta giocando ma quando arrivano i poliziotti sono costretti alla fuga. Il fermo immagine sulla maglietta di uno di loro permette di leggere due parole: Slumdog Millionaire. Il titolo originale, semplicato nella traduzione italiana, sottolinea coerentemente il senso della storia: Jamal è un milionario da slumdog (vita da cani). Il film è stato interamente girato in India e l’arrivo della troupe nel paese asiatico ha avuto un grosso impatto sulla popolazione locale e nello stesso tempo ha rappresentato uno choc culturale per il team della produzione che non aveva mai provato la follia e l’energia di Mumbay. Boyle ritiene che gran parte delle esperienze nella realizzazione dei film sia incentrata sul concetto di controllo, l’idea cioè che un regista e la sua troupe possano manipolare l’ambiente per ottenere esattamente il tono visivo o le immagini di cui hanno bisogno. Ma in India queste regole non possono essere applicate. “Semplicemente non puoi esercitare quel tipo di controllo. Se ci provi, diventi matto. Ti butti giù da un ponte nel giro di una settimana. Devi adattarti e vedere cosa succede. A volte pensi “Non otterremo niente, niente di niente”. E poi improvvisamente, alle quattro del pomeriggio, qualcosa viene fuori, quel posto ti ripaga se hai avuto fiducia, e tutto prende forma”.
Il film è stato realizzato, in parte, nel più vasto slum dell’India, Dharavi, dove vivono un milione di persone e dove non è facile lavorare con una macchina da presa in 35mm. Da qui la scelta di Boyle di girare il film con macchine digitali: ”Sono molto piccole” - sottolinea il regista - “e in grado di operare in zone molto strette, che è poi la situazione negli slum. Puoi catturare un po’ della vita che si svolge attorno a te senza che la gente se ne renda conto. Abbiamo usato anche quella che chiamavamo ‘CanonCam’, che è una macchina fotografica Canon in grado di scattare dodici fotogrammi al secondo. Se la gente vede una macchina fotografica, non pensa che stai girando. Abbiamo lavorato in questo modo e, di tanto in tanto, abbiamo utilizzato anche la macchina da presa tradizionale. Per esempio le scene dell’inseguimento tra i bambini e i poliziotti sono state girate in modo incrementale, costruite come se fossero il risultato di un montaggio realizzato durante un certo periodo di tempo. Invece ogni volta che era possibile, la troupe tornava sul posto e girava un altro segmento della corsa.
La 1° domanda
Il capitano e Jamal guardano in televisione la registrazione del programma. La prima domanda riguarda il nome della star del film Zanjeer (1973), sul volto teso del concorrente entra il rumore di un insetto e siamo nel passato. Uno degli elementi più importanti del film è rappresentato dalla colonna sonora composta da uno dei più famosi musicisti indiani, A.R. Rahman. L’apparente semplicità della funzione svolta all’interno del film può forse essere la seconda delle ragioni che hanno giocato a favore dello score. In realtà la colonna sonora pensata da Rahman non può esaurirsi ad una semplice funzione di commento, anche se questo è quanto può essere suggerito da un primo ascolto. Il tappeto sonoro svolge invece un’importante funzione discorsiva e poetica: diventa parte integrante del racconto, diventa surrogato della voce e delle parole del protagonista. La colonna sonora svolge quindi un’importante funzione narrativa: congiuntiva, nel legare tra loro scene distanti nel tempo e nello spazio, transitiva e di demarcazione. È la musica a guidarci nel racconto di Jamal, il protagonista, fatto per immagini. Ogni volta che la narrazione utilizza l’espediente del flashback ad accompagnarci in questa transizione dal momento presente, o dal nucleo centrale della storia (motore immobile dell’azione, il set del Milionario a Mumbai) al passato non è mai la voce del protagonista che “confessa” ma la musica. Il suono del ricordo di Jamal, lo ascoltiamo filtrato/amplificato dai pattern ritmici, dai suoni elettronici, dalle voci maschili e femminili, dai rumori della città di Mumbai.
La risposta giusta di Jamal è Amitabh Bachchan, e come poteva dimenticare quel giorno in cui il volo di una stella del cinema in elicottero e il tuffo di un bambino nella latrina più sporca (e lirica) di tutta l'India, susciterà sempre commozione e sdegno, per una delle scene del film già diventata cult. Il ricordo di Jamal va anche al fratello maggiore che prima lo rinchiude nella latrina perché gli ha fatto perdere un cliente e poi per soldi ha venduto l’autografo di Amitabh. Salim appare subito diverso, pur sapendo le difficoltà incontrate da Jamal per conquisare il tanto sospirato “gadget”, non esita a venderlo al miglior offerente.
Amitabh Bachchan è arrivato al successo nel 1973 proprio con il film Zanjeer e in poco tempo è diventato un beniamino del pubblico. Tra gli anni ’80 e ’90 abbandona temporaneamente la professione per dedicarsi alla politica. Quando, in seguito ad uno scandalo, Amitabh torna al cinema, va incontro a una serie di flop che lo costringono a ripiegare sulla tv e a condurre la versione indiana di Chi vuol essere milionario? Sarà solo una fase passeggera dal 2000 ha ripreso a recitare ed è ormai unanimemente considerato l'attore più potente in India.
La 2° domanda
Nell’emblema nazionale dell’India ci sono tre leoni, cosa c’è scritto sotto? A: Solo la verità trionfa. B: solo la menzogna trionfa. C: Solo la moda trionfa. D: Solo il denaro trionfa. Il concorrente chiede l’aiuto del pubblico, risolve il quesito e vince 4000 rupie. Jamal non appare più spaventato dai poliziotti e dall’ironia che essi fanno sulla sua richiesta di aiuto, con astuzia riesce a far capire loro la risposta giusta: la verità.
La 3° domanda
Soggetto: dal romanzo Le dodici domande di Vikcas Swarup
Sceneggiatura: Simon Beaufoy
Fotografia: Anthony Dod Mantle
Musica: A.R. Rahman
Montaggio: Chris Dickens
Scenografia: Mark Digby
Costumi: Suttirat Anne Larlarb
Interpreti: Dev Patel (Jamal Malik adulto), Freida Pinto (Latika adulta), Anil Kapoor (Prem Kumar), Irrfan Khan (Ispettore), Mahesh Manjrekar (Javed), Ankur Vival (Maman), Saurabh Shukla (Sergente Srinivas) Tanay Hemant Chheda (Jamal ragazzo), Ashutosh Lobo Gajiwala (Salim ragazzo), Ayush Mahesh Khedekar (Jamal bambino), Azharuddin Mohammed Ismail (Salim bambino), Rubina Ali (Latika bambina).
Prod.: Warner Bros/Film 4
Origine: USA/GB
Anno di edizione 2008
Durata: 122’
Sinossi
Jamal è un giovane vissuto per le strade dei quartieri più poveri di Mumbay (Bombay). Cercherà la donna che ama partecipando al famoso programma televisivo Chi vuol esser milionario?
Per cominciare …
The Millionaire è uno dei film più discussi e premiati del 2008, la conquista di numerose statuette al premio Oscar ha rappresentato l’apoteosi finale di un percorso che ha visto l’opera di Boyle trionfare ovunque. The Millionaire è stato recensito dalla critica in modo variegato: Time parla di “un inno alla vita, un film da festeggiare” mentre The Guardian non fa tante perifrasi e lo definisce “poverty porn”. Al di là del successo e della buona “confezione” del prodotto, le tematiche affrontate suscitano alcuni interrogativi: siamo di fronte a una coraggiosa denuncia delle condizioni disumane in cui vivono milioni di bambini e giovani nell‘lndia contemporanea; o forse ci troviamo di fronte a un perfetto meccanismo stilistico e narrativo, che con la scusa della ”pietas” rilegge con astuzia gli stilemi del cinema indiano e lo addomestica per lo spettatore globalizzato? Si tratta di un sincero atto di amore verso il cinema tout court, che puo permettersi ancora una volta di far trionfare il bene sul male e sa coinvolgere lo spettatore a livello emotivo, con colori, musiche e situazioni drammaturgiche di grande impatto oppure siamo vittime di un inganno, che mira al puro intrattenimento estetizzante, in cui la calligrafia di ogni inquadratura si riverbera nella propria autoreferenzialità e i cliché narrativi fagocitano ogni specificità del complesso contesto indiano? Scegliete voi quale dei quattro tasti premere, operazione non così facile...
Il Prologo
Mumbay 2006. Jamal “rischia” di vincere 20 milioni di rupie (poco più di 300 mila euro) a Chi vuol esser milionario? ma, sospettato di essere un truffatore, viene arrestato e subisce, “nell'ordine surreale del montaggio”, le domande della polizia e del presentatore. Come ha fatto? A: Ha imbrogliato. B: È fortunato. C: È un genio. D: Era scritto.
5 minuti e 16 secondi: l’incipit di The Millionaire (prima dell’arrivo del titolo di testa), si esaurisce in questo breve spazio temporale ma presenta già alcune importanti chiavi di lettura.
Autore versatile, che attraversa incolume generi ed estetiche, Danny Boyle da sempre mette in scena personaggi che contemplano tutti una magnifica ossessione e corrono a perdifiato per realizzarla. Dopo ”i tossici” di Trainspotting, dopo le odissee solari (Sunshine), dopo le spiagge incontaminate (The Beach) e dopo le sterline piovute dal cielo (Millions), il regista scozzese entra nello studio televisivo di Mumbay per osservare la vita di Jamal Malik. Il centro narrativo del fim è infatti Chi vuol essere milionario?: proprio il format che conosciamo in versione italiana, identico svolgimento, uguale grafica e perfino stessa musica d’atmosfera. Una scelta “global” per raccontare un’India sospesa tra oriente e occidente, tra grande ricchezza ed estrema povertà, tra un centro ad alta teconologia come un call center e un Chai-wallah (il ragazzo che porta il tè). Come fa un pezzente ad arrivare dove medici e avvocati hanno fallito? Si chiede incredulo il capitano di polizia che lo sta interrogando. Ma Jamal non ha niente da confessare: conosce le risposte perché hanno segnato alcune tappe della sua straordinaria vita.
L‘indagine serrata nella mente di Jamal e i continui passaggi fra ricordo remoto, ricordo recente ed esperienza presente permettono alla storia il suo naturale sviluppo. Un ping pong di immagini sottolineate dal tipico stile "da videoclip" del regista inglese, caratterizzato da un montaggio veloce e frammentato, “a graffa” per dirla con una termilogia cara ai semiologi, e da un commento sonoro di notevole presa emotiva. Come, appunto, nelle inquadrature iniziali: campo/controcampo in primo piano di Jamal e del sergente che si fronteggiano, il militare ha una sigaretta in bocca, il suono delle nuvole di fumo espirate è amplificato e sospende la scena in un presente senza tempo. Poi improvviso uno schiaffo al ragazzo, sul rumore entra la voce over del conduttore (sullo schermo al nero) che si chiede: A Jamal Malik manca una risposta per vincere 20 milioni rupie. Come ha fatto? A: Ha imbrogliato. B: È fortunato. C: È un genio. D: Era scritto. Dal buio emerge il volto di Jamal e ancora la voce dà il benvenuto agli spettatori. Una mano lascia scivolare una montagna di banconote. Il presentatore chiede a Jamal se è pronto, ancora immagini che arrivano dal buio e di nuovo la mano che getta i soldi in una vasca. Inizia il programma e in tripudio di luci i due entrano nello studio televisivo. Un emozionato Jamal si siede nella postazione riservata ai concorrenti. Ancora lo schiaffo del poliziotto che chiede il nome al ragazzo. Si torna in studio e Prem, il conduttore, chiede al concorrente di raccontare qualcosa di sé. Jamal viene quasi annegato dal poliziotto e confessa di lavorare in un call center. Di nuovo in studio si parla del lavoro del concorrente e Jamal confessa imbarazzato di portare il tè, Prem ironizza su questo impiego e con enfasi dà inizio al gioco. L’immagine di una bella ragazza alla stazione. Le brevi evocazioni di avvenimenti che osserviamo in questa parte dell’incipit (la ragazza, i soldi) troveranno in seguito la loro giusta collocazione nel puzzle narrativo del film. Con l’arrivo dell’ispettore il ritmo del racconto si fa più “disteso” (la scena dell’interrogatorio dura oltre 2 minuti) ma è anche più drammatico (la tortura): abbandonato temporaneamente lo studio televisivo entra in scena la cruda realtà. Questi repentini avvicendamenti segneranno tutto The Millionaire in un alternanza di paure e desideri, tra assoli sentimentali e crudeltà brutali, tra determinazione e insicurezza. E infine la composizione delle inquadrature, ovvero il modo in cui Boyle organizza lo spazio visivo che fa da sfondo alla narrazione. Le sue scelte fin dal prologo sono precise e le immagini fanno riferimento ad una forte presenza dell’autore: inclinazioni oblique della macchina da presa, dal basso, dall’alto, plongé, ricorso allo sfuocato e ai forti contrasti tonali tra luci e ombre. Anche in questo caso ci troviamo in presenza di uno stile che sarà presente in quasi tutto il film.
I bambini e i poliziotti
Un gruppo di bambini sta giocando ma quando arrivano i poliziotti sono costretti alla fuga. Il fermo immagine sulla maglietta di uno di loro permette di leggere due parole: Slumdog Millionaire. Il titolo originale, semplicato nella traduzione italiana, sottolinea coerentemente il senso della storia: Jamal è un milionario da slumdog (vita da cani). Il film è stato interamente girato in India e l’arrivo della troupe nel paese asiatico ha avuto un grosso impatto sulla popolazione locale e nello stesso tempo ha rappresentato uno choc culturale per il team della produzione che non aveva mai provato la follia e l’energia di Mumbay. Boyle ritiene che gran parte delle esperienze nella realizzazione dei film sia incentrata sul concetto di controllo, l’idea cioè che un regista e la sua troupe possano manipolare l’ambiente per ottenere esattamente il tono visivo o le immagini di cui hanno bisogno. Ma in India queste regole non possono essere applicate. “Semplicemente non puoi esercitare quel tipo di controllo. Se ci provi, diventi matto. Ti butti giù da un ponte nel giro di una settimana. Devi adattarti e vedere cosa succede. A volte pensi “Non otterremo niente, niente di niente”. E poi improvvisamente, alle quattro del pomeriggio, qualcosa viene fuori, quel posto ti ripaga se hai avuto fiducia, e tutto prende forma”.
Il film è stato realizzato, in parte, nel più vasto slum dell’India, Dharavi, dove vivono un milione di persone e dove non è facile lavorare con una macchina da presa in 35mm. Da qui la scelta di Boyle di girare il film con macchine digitali: ”Sono molto piccole” - sottolinea il regista - “e in grado di operare in zone molto strette, che è poi la situazione negli slum. Puoi catturare un po’ della vita che si svolge attorno a te senza che la gente se ne renda conto. Abbiamo usato anche quella che chiamavamo ‘CanonCam’, che è una macchina fotografica Canon in grado di scattare dodici fotogrammi al secondo. Se la gente vede una macchina fotografica, non pensa che stai girando. Abbiamo lavorato in questo modo e, di tanto in tanto, abbiamo utilizzato anche la macchina da presa tradizionale. Per esempio le scene dell’inseguimento tra i bambini e i poliziotti sono state girate in modo incrementale, costruite come se fossero il risultato di un montaggio realizzato durante un certo periodo di tempo. Invece ogni volta che era possibile, la troupe tornava sul posto e girava un altro segmento della corsa.
La 1° domanda
Il capitano e Jamal guardano in televisione la registrazione del programma. La prima domanda riguarda il nome della star del film Zanjeer (1973), sul volto teso del concorrente entra il rumore di un insetto e siamo nel passato. Uno degli elementi più importanti del film è rappresentato dalla colonna sonora composta da uno dei più famosi musicisti indiani, A.R. Rahman. L’apparente semplicità della funzione svolta all’interno del film può forse essere la seconda delle ragioni che hanno giocato a favore dello score. In realtà la colonna sonora pensata da Rahman non può esaurirsi ad una semplice funzione di commento, anche se questo è quanto può essere suggerito da un primo ascolto. Il tappeto sonoro svolge invece un’importante funzione discorsiva e poetica: diventa parte integrante del racconto, diventa surrogato della voce e delle parole del protagonista. La colonna sonora svolge quindi un’importante funzione narrativa: congiuntiva, nel legare tra loro scene distanti nel tempo e nello spazio, transitiva e di demarcazione. È la musica a guidarci nel racconto di Jamal, il protagonista, fatto per immagini. Ogni volta che la narrazione utilizza l’espediente del flashback ad accompagnarci in questa transizione dal momento presente, o dal nucleo centrale della storia (motore immobile dell’azione, il set del Milionario a Mumbai) al passato non è mai la voce del protagonista che “confessa” ma la musica. Il suono del ricordo di Jamal, lo ascoltiamo filtrato/amplificato dai pattern ritmici, dai suoni elettronici, dalle voci maschili e femminili, dai rumori della città di Mumbai.
La risposta giusta di Jamal è Amitabh Bachchan, e come poteva dimenticare quel giorno in cui il volo di una stella del cinema in elicottero e il tuffo di un bambino nella latrina più sporca (e lirica) di tutta l'India, susciterà sempre commozione e sdegno, per una delle scene del film già diventata cult. Il ricordo di Jamal va anche al fratello maggiore che prima lo rinchiude nella latrina perché gli ha fatto perdere un cliente e poi per soldi ha venduto l’autografo di Amitabh. Salim appare subito diverso, pur sapendo le difficoltà incontrate da Jamal per conquisare il tanto sospirato “gadget”, non esita a venderlo al miglior offerente.
Amitabh Bachchan è arrivato al successo nel 1973 proprio con il film Zanjeer e in poco tempo è diventato un beniamino del pubblico. Tra gli anni ’80 e ’90 abbandona temporaneamente la professione per dedicarsi alla politica. Quando, in seguito ad uno scandalo, Amitabh torna al cinema, va incontro a una serie di flop che lo costringono a ripiegare sulla tv e a condurre la versione indiana di Chi vuol essere milionario? Sarà solo una fase passeggera dal 2000 ha ripreso a recitare ed è ormai unanimemente considerato l'attore più potente in India.
La 2° domanda
Nell’emblema nazionale dell’India ci sono tre leoni, cosa c’è scritto sotto? A: Solo la verità trionfa. B: solo la menzogna trionfa. C: Solo la moda trionfa. D: Solo il denaro trionfa. Il concorrente chiede l’aiuto del pubblico, risolve il quesito e vince 4000 rupie. Jamal non appare più spaventato dai poliziotti e dall’ironia che essi fanno sulla sua richiesta di aiuto, con astuzia riesce a far capire loro la risposta giusta: la verità.
La 3° domanda
Nelle raffigurazioni di Rama che cosa la divinità tiene nella mano destra?
Per Jamal non è difficile rispondere, la domanda lo porta a ricordare uno dei giorni più drammatici della sua vita: l’uccisione della madre durante un assalto perpetrato da integralisti indù ai danni dei musulmani di Bombay. Nel doppiaggio italiano la frase urlata “They are muslims, get them” (“Sono musulmani, prendeteli!”) è stata tradotta “Sono musulmani, scappiamo!”, invertendo così il senso dell'intera scena, inducendo erroneamente gli spettatori a credere che gli assalitori fossero di religione musulmana e gli assaliti di religione indù. Ci si può accorgere dell'incongruenza anche guardando due scene che riguardano il fratello di Jamal, Salim: una in cui prega chiedendo perdono ad Allah, inginocchiandosi a terra, e un'altra alla fine, quando esclama "Dio è grande", nella traduzione italiana, che altro non sarebbe che "Allah è grande", esclamazione tipicamente musulmana. Nonostante le proteste di molti musulmani, italiani e non, il film, allora nei cinema, non è stato corretto.
Dal passato al presente: “Se non fosse stato per Rama o Allah avrei ancora una madre”, confessa Jamal al poliziotto. Poi di nuovo in flashabck torna il giorno dell’eccidio con la fuga disperata del protagonista che si ricorda di aver visto un bambino travestito proprio da Rama. La risposta giusta è arco e freccia e Jamal vince 15.000 rupie. Il conduttore lo invita ad andarsene perché non sarà in grado di rivolvere il prossimo quesito.
Latika
Per Jamal non è difficile rispondere, la domanda lo porta a ricordare uno dei giorni più drammatici della sua vita: l’uccisione della madre durante un assalto perpetrato da integralisti indù ai danni dei musulmani di Bombay. Nel doppiaggio italiano la frase urlata “They are muslims, get them” (“Sono musulmani, prendeteli!”) è stata tradotta “Sono musulmani, scappiamo!”, invertendo così il senso dell'intera scena, inducendo erroneamente gli spettatori a credere che gli assalitori fossero di religione musulmana e gli assaliti di religione indù. Ci si può accorgere dell'incongruenza anche guardando due scene che riguardano il fratello di Jamal, Salim: una in cui prega chiedendo perdono ad Allah, inginocchiandosi a terra, e un'altra alla fine, quando esclama "Dio è grande", nella traduzione italiana, che altro non sarebbe che "Allah è grande", esclamazione tipicamente musulmana. Nonostante le proteste di molti musulmani, italiani e non, il film, allora nei cinema, non è stato corretto.
Dal passato al presente: “Se non fosse stato per Rama o Allah avrei ancora una madre”, confessa Jamal al poliziotto. Poi di nuovo in flashabck torna il giorno dell’eccidio con la fuga disperata del protagonista che si ricorda di aver visto un bambino travestito proprio da Rama. La risposta giusta è arco e freccia e Jamal vince 15.000 rupie. Il conduttore lo invita ad andarsene perché non sarà in grado di rivolvere il prossimo quesito.
Latika
I fratelli sono scampati al massacro e passano la notte in un vagone ferroviario abbandonato. Sotto la pioggia scrosciante entra in scena Latika e anche in questa situazione le reazioni dei bambini sono diverse: Salim vuole lasciarla fuori, Jamal la invita a salire. Come già sottolineato i “due moschettieri” sviluppano personalità opposte che determineranno destini profondamente diversi. Latika, tra loro, a unirli e a separarli, è da convenzione elemento femminile e decorativo la cui debolezza esalta la virilità maschile. Facendo ricerche per la stesura dello script, lo sceneggiatore Simon Beaufoy ha notato che un gran numero di donne, soprattutto negli slum, tende a mettersi in secondo piano di fronte alle decisioni degli uomini. Se Latika avesse avuto un carattere così passivo, ci sarebbero stati dei problemi. “Ho voluto rendere Latika un personaggio più attivo. Ma, alla fine, anche nel suo caso l’India prevale e lei è fatta per essere alla mercé di uomini forti, cosa che rispecchia assolutamente quello che succede nella realtà”.
La 4° domanda
Il canto la preghiera a Ganesh fu scritta da quale famoso poeta indiano… La voce di Prem si perde nella mente di Jamal che torna al periodo vissuto dapprima in una discarica di rifiuti e poi costretto, da un aguzzino, a mendicare come un moderno Oliver Twist.
Tratto dal libro Le dodici domande di Vikcas Swarup, The Millionaire è stato sceneggiato da Simon Beaufoy, che in passato ha scritto The Full Monty.
“Il testo del romanziere indiano contiene dodici storie brevi - spiega Beaufoy - “Alcune delle quali per niente collegate tra loro. Non c’è un filo narrativo comune. Non prende un personaggio dalla nascita per poi accompagnarlo nel percorso della sua vita. E’ piuttosto disgregato e alcune delle storie sono quasi dei raccontini a sé stanti, senza alcun legame con i personaggi principali. E’ molto diverso poter partire da una propria idea per poi svilupparla. Con un adattamento hai delle responsabilità nei confronti del libro. E’ come aprire una valigia che contiene abiti che ti vanno bene e altri che non ti vanno bene. Non è la tua valigia. E’ la valigia di qualcun’altro. Ma in un modo o nell’altro devi trasformarla in una valigia che vada bene per te”. Beaufoy è convinto che far vedere Jamal che partecipa allo show televisivo, per poi saltare ai flashback della sua vita, abbia permesso di lavorare su segmenti separati che rappresentano generi diversi. “Puoi andare in qualunque direzione. Puoi avere un po’ di romanticismo, un po’ di commedia, un po’ di atmosfere noir, riuscendo comunque a mantenere uno stile omogeneo. Il film offre una grande varietà di emozioni perché non è incasellato in un solo genere”. Credo che in termini classici la storia possa essere considerata una commedia, visto che descrive un percorso dal disordine verso l’armonia. E’ una commedia ma è anche, a tratti, un dramma terribile. Ci sono momenti di grande dolore e di grande pathos. E’ una favola, e come tutte le favole che si rispettino, contiene momenti di forte inquietudine e di orrore. C’è una grande mescolanza di cose in grado di farti ridere o piangere o spaventare”.
Specialmente in questa sequenza non ci sono limiti alla crudeltà dell’aguzzino che rende ciechi i bambini per impietosire la gente. Una sorte, questa, che avrebbe colpito anche Jamal se l’astuzia di Salim non avesse permesso a lui e agli altri una fuga precipitosa da quel lager. Purtroppo Latika non riesce a salire sul treno e viene catturata di nuovo dal malvivente, passerà molto tempo prima che Jamal possa incontrarla di nuovo.
Nello studio televisivo Jamal risponde al quesito: è Surdas ad aver scritto la preghiera, e come faceva a dimenticarlo se i bambini che sapevano cantarla guadagnavano il doppio mentre agli altri non restava che perdere la vista.
Salim e Jamal lavorano in giro per l'India
I fratelli Malik vivono per anni di espedienti come venditori di ogni genere di merce sui treni della mitica Indian Railway o come guide turistiche non autorizzatate al Taj Mahal. Qualche volta il lavoro crea delle complicazioni al povero Jamal. Il furto delle ruote della vettura utilizzata per accompagnare due americani, scatena la rabbia dell’autista che picchia selvaggiamente il ragazzo. I turisti lo difendono e gli regalano dei soldi. La sera con un occhio nero, Jamal si avvicina a un teatro all’aperto, borseggia alcuni spettatori, poi le strazianti note di Orfeo ed Euridice (C. W. Gluck) attirano l’attenzione del ragazzo. Il canto disperato per la perdita della donna amata gli fa ricordare Latika. Come nel prologo un susseguirsi serrato di immagini visualizzano alcuni momenti della vita di Latika da bambina a giovane ragazza. In quest’ultima inquadratura con il flashfoward la storia subisce una accelerazione temporale e Jamal torna al giorno in cui ha visto Latika adolescente a Victoria Station.
I ruoli di Jamal, Salim e Latika sono interpretati da piccoli attori non professionisti che vivono nelle periferie più degradate di Mumbay. In proposito spiega Boyle: “L’intenzione è sempre stata quella di girare il film in inglese, nonostante il fatto che i bambini dello slum Juhu di Mumbay parlino in realtà Maharati, un dialetto hindi locale. Molti giovani attori in grado di parlare inglese hanno studiato in scuole borghesi e non andavano bene per due importanti ragioni: il loro aspetto e il loro comportamento davanti alla macchina da presa, e le difficoltà nel dover affrontare le riprese negli slum, all’interno di una comunità molto diversa dalla loro. Dopo tante ricerche abbiamo trovato gli interpreti, siamo riusciti a farli andare a scuola e speriamo che ci restino fino ai sedici anni”.
La 5° domanda
Sulla banconta da 100 dollari c’è il ritratto di quale statista americano... Questa volta il concorrente non ha esitazioni sia nell’affrontare il conduttore, sia nel rispondere alla domanda. L’ironia di Prem sulle grosse mance che riceve quando porta il tè non lo intimidiscono più e deciso ribatte: Benjamin Franklin.
“Non sembri interessato ai soldi” di nuovo l’ispettore non crede a Jamal ma è incuriosito dalle sue vicende e vuole sapere la storia dei 100 dollari mentre la televisione annuncia che il ragazzo ha vinto un milione di rupie.
La 4° domanda
Il canto la preghiera a Ganesh fu scritta da quale famoso poeta indiano… La voce di Prem si perde nella mente di Jamal che torna al periodo vissuto dapprima in una discarica di rifiuti e poi costretto, da un aguzzino, a mendicare come un moderno Oliver Twist.
Tratto dal libro Le dodici domande di Vikcas Swarup, The Millionaire è stato sceneggiato da Simon Beaufoy, che in passato ha scritto The Full Monty.
“Il testo del romanziere indiano contiene dodici storie brevi - spiega Beaufoy - “Alcune delle quali per niente collegate tra loro. Non c’è un filo narrativo comune. Non prende un personaggio dalla nascita per poi accompagnarlo nel percorso della sua vita. E’ piuttosto disgregato e alcune delle storie sono quasi dei raccontini a sé stanti, senza alcun legame con i personaggi principali. E’ molto diverso poter partire da una propria idea per poi svilupparla. Con un adattamento hai delle responsabilità nei confronti del libro. E’ come aprire una valigia che contiene abiti che ti vanno bene e altri che non ti vanno bene. Non è la tua valigia. E’ la valigia di qualcun’altro. Ma in un modo o nell’altro devi trasformarla in una valigia che vada bene per te”. Beaufoy è convinto che far vedere Jamal che partecipa allo show televisivo, per poi saltare ai flashback della sua vita, abbia permesso di lavorare su segmenti separati che rappresentano generi diversi. “Puoi andare in qualunque direzione. Puoi avere un po’ di romanticismo, un po’ di commedia, un po’ di atmosfere noir, riuscendo comunque a mantenere uno stile omogeneo. Il film offre una grande varietà di emozioni perché non è incasellato in un solo genere”. Credo che in termini classici la storia possa essere considerata una commedia, visto che descrive un percorso dal disordine verso l’armonia. E’ una commedia ma è anche, a tratti, un dramma terribile. Ci sono momenti di grande dolore e di grande pathos. E’ una favola, e come tutte le favole che si rispettino, contiene momenti di forte inquietudine e di orrore. C’è una grande mescolanza di cose in grado di farti ridere o piangere o spaventare”.
Specialmente in questa sequenza non ci sono limiti alla crudeltà dell’aguzzino che rende ciechi i bambini per impietosire la gente. Una sorte, questa, che avrebbe colpito anche Jamal se l’astuzia di Salim non avesse permesso a lui e agli altri una fuga precipitosa da quel lager. Purtroppo Latika non riesce a salire sul treno e viene catturata di nuovo dal malvivente, passerà molto tempo prima che Jamal possa incontrarla di nuovo.
Nello studio televisivo Jamal risponde al quesito: è Surdas ad aver scritto la preghiera, e come faceva a dimenticarlo se i bambini che sapevano cantarla guadagnavano il doppio mentre agli altri non restava che perdere la vista.
Salim e Jamal lavorano in giro per l'India
I fratelli Malik vivono per anni di espedienti come venditori di ogni genere di merce sui treni della mitica Indian Railway o come guide turistiche non autorizzatate al Taj Mahal. Qualche volta il lavoro crea delle complicazioni al povero Jamal. Il furto delle ruote della vettura utilizzata per accompagnare due americani, scatena la rabbia dell’autista che picchia selvaggiamente il ragazzo. I turisti lo difendono e gli regalano dei soldi. La sera con un occhio nero, Jamal si avvicina a un teatro all’aperto, borseggia alcuni spettatori, poi le strazianti note di Orfeo ed Euridice (C. W. Gluck) attirano l’attenzione del ragazzo. Il canto disperato per la perdita della donna amata gli fa ricordare Latika. Come nel prologo un susseguirsi serrato di immagini visualizzano alcuni momenti della vita di Latika da bambina a giovane ragazza. In quest’ultima inquadratura con il flashfoward la storia subisce una accelerazione temporale e Jamal torna al giorno in cui ha visto Latika adolescente a Victoria Station.
I ruoli di Jamal, Salim e Latika sono interpretati da piccoli attori non professionisti che vivono nelle periferie più degradate di Mumbay. In proposito spiega Boyle: “L’intenzione è sempre stata quella di girare il film in inglese, nonostante il fatto che i bambini dello slum Juhu di Mumbay parlino in realtà Maharati, un dialetto hindi locale. Molti giovani attori in grado di parlare inglese hanno studiato in scuole borghesi e non andavano bene per due importanti ragioni: il loro aspetto e il loro comportamento davanti alla macchina da presa, e le difficoltà nel dover affrontare le riprese negli slum, all’interno di una comunità molto diversa dalla loro. Dopo tante ricerche abbiamo trovato gli interpreti, siamo riusciti a farli andare a scuola e speriamo che ci restino fino ai sedici anni”.
La 5° domanda
Sulla banconta da 100 dollari c’è il ritratto di quale statista americano... Questa volta il concorrente non ha esitazioni sia nell’affrontare il conduttore, sia nel rispondere alla domanda. L’ironia di Prem sulle grosse mance che riceve quando porta il tè non lo intimidiscono più e deciso ribatte: Benjamin Franklin.
“Non sembri interessato ai soldi” di nuovo l’ispettore non crede a Jamal ma è incuriosito dalle sue vicende e vuole sapere la storia dei 100 dollari mentre la televisione annuncia che il ragazzo ha vinto un milione di rupie.
Il racconto di Jamal ha inizio con un preciso riferimento storico “Bombay era diventata Mumbay”. Il 4 maggio 1995, il governo approva la ridenominazione della città dopo molti anni di pressioni politiche. Il vecchio nome ormai retaggio delle colonizzazioni portoghesi ed inglesi è talvolta utilizzato in India su base informale e appare ancora nei nomi di alcune istituzioni ufficiali e organismi privati.
I due fratelli tornano a Mumbay e lavorano come camerieri in un ristorante. I loro differenti caratteri, che già abbiamo evidenziato, subiscono ora - nella delicata fase dell’adolescenza - un cambiamento irreversibile: Jamal resta fondamentalmente buono mentre suo fratello Salim comincia a vivere una vita fatta di violenza e brutalità.
Jamal cerca ovunque Latika, fino a quando un giorno incontra Arvind (l’amico reso cieco da Maman, il gestore del racket) è lui a sapere che sulle banconote è impresso il volto di Benjamin Franklin ma la notizia più importante è che conosce l’indirizzo di Latika.
I due fratelli tornano a Mumbay e lavorano come camerieri in un ristorante. I loro differenti caratteri, che già abbiamo evidenziato, subiscono ora - nella delicata fase dell’adolescenza - un cambiamento irreversibile: Jamal resta fondamentalmente buono mentre suo fratello Salim comincia a vivere una vita fatta di violenza e brutalità.
Jamal cerca ovunque Latika, fino a quando un giorno incontra Arvind (l’amico reso cieco da Maman, il gestore del racket) è lui a sapere che sulle banconote è impresso il volto di Benjamin Franklin ma la notizia più importante è che conosce l’indirizzo di Latika.
Jamal ritrova Latika e risponde alla 6° domanda
Jamal in compagnia di Salim si avventura nel quartiere a luci rosse alla ricerca di Latika. Questa prima parte della sequenza è raccontata dal regista con il montaggio alternato e così le immagini dei due fratelli che chiedono informazioni in strada si avvicendano a quelle di una ragazza che sta ballando. Lo stesso principio è utilizzato anche all’interno del postribolo dove finalmente, spiando dal buco della serratura, Jamal rivede Latika. La bambina si è trasformata in una splendida adolescente, “E’ sexy” commenta Salim mentre il fratello impaziente entra precipitosamente nella stanza. Latika è sorpresa ma non c’è tempo da perdere, occorre fuggire. L’arrivo di Maman sembra aver compromesso la frettolosa partenza ma Salim tira fuori una pistola, si fa dare i soldi e poi uccide l’uomo.
In questa sequenza è importante il ruolo svolto dalla colonna sonora. Nella prima parte, oltre al montaggio alternato, è la musica extradiegetica ad unire i tre protagonisti. Un commento musicale esterno alla narrazione che proviene da una zona oscura, lontana anche dall’immaginazione degli spettatori. Accade un po’ come nell’opera lirica dove l’orchestra nel golfo mistico esegue una musica che, paradossalmente, i cantanti sul palcoscenico non sembrano sentire. Le cose cambiano, e si fanno più complesse, durante la sparatoria. Il suono del colpo di pistola è diegetico perché appartiene all’universo narrativo del film e chi guarda la scena scorge la sorgente sonora. Nel momento della sparatoria il colpo attutito dal cuscino sistemato sulla canna dà vita alla sincresi, ovvero la saldatura inevitabile e spontanea che si produce tra un effetto sonoro e uno visivo. Ma i rumori nella vita reale non hanno questo particolare riverbero, è solo accentuandoli che il regista è riuscito a creare la giusta tensione drammatica. Infine il suono emesso ha anche la funzione di piattoforma spazio-temporale infatti torniamo nello studio televisivo e contemporaneamene possiamo affermare che questo è un suono interiore, parte essenziale dei ricordi di Jamal. All’ennesima domanda su chi ha inventato il revolver, il corrente risponde Samuel Colt e vince ancora. Nel complicato incastro dei flahback che reggono la narrazione, scopriamo ora come il protagonista abbia risolto il quesito.
Salim ha scelto la strada del crimine per reagire ai soprusi della megalopoli e dopo aver ucciso Maman si lega al potente boss Javed. Tornato nell’albergo abbandonato dove hanno trovato rifugio non esita a minacciare con la sua “Colt” Jamal, solo il provvidenziale intervento di Latika ferma Salim. Di nuovo il protagonista viene allontanato dalla donna amata. Salim è ormai legato alla malavita e Boyle inquadra il suo ingresso in camera facendo vedere l’ombra del ragazzo, in perfetto stile gangster-film. Salim ha compreso anche l’importanza di Latika come “merce” di scambio; la ragazza a sua volta è cresciuta, non solo indossa abiti costosi, ma gli anni passati con Maman hanno lasciato il segno e anche lei è consapevole dei rischi che possono correre, solo Jamal è l’unico a non capire. C’è una grande innocenza in questo personaggio che non perde mai la sua bontà e la sua determinazione nonostante tutte le cattiverie che gli vengono fatte: “Sapevo che ti avrei trovata, è il nostro destino”, ha appena detto a Latika .
Salim ha scelto la strada del crimine per reagire ai soprusi della megalopoli e dopo aver ucciso Maman si lega al potente boss Javed. Tornato nell’albergo abbandonato dove hanno trovato rifugio non esita a minacciare con la sua “Colt” Jamal, solo il provvidenziale intervento di Latika ferma Salim. Di nuovo il protagonista viene allontanato dalla donna amata. Salim è ormai legato alla malavita e Boyle inquadra il suo ingresso in camera facendo vedere l’ombra del ragazzo, in perfetto stile gangster-film. Salim ha compreso anche l’importanza di Latika come “merce” di scambio; la ragazza a sua volta è cresciuta, non solo indossa abiti costosi, ma gli anni passati con Maman hanno lasciato il segno e anche lei è consapevole dei rischi che possono correre, solo Jamal è l’unico a non capire. C’è una grande innocenza in questo personaggio che non perde mai la sua bontà e la sua determinazione nonostante tutte le cattiverie che gli vengono fatte: “Sapevo che ti avrei trovata, è il nostro destino”, ha appena detto a Latika .
Ritrova il fratello e risponde alla 7° domanda
Il commissario è incuriosito da questo ragazzo che ha confessato di aver assistito ad un omicidio e vuole spiegazioni su come è arrivato a partecipare a Chi vuol essere milionario?
Jamal è candido ma anche intelligente e sa accumulare esperienze che poi saranno utili: il sistema di risposta telefonica del famoso quiz è stato realizzato dalla stessa persona che ha installato quello del call center, osserva i cartelli con i nomi delle strade, conosce i personaggi delle soap opera. Nel suo umile ruolo di Chai-wallah osserva l'ambiente circostante, non a caso la sequenza è aperta dalla soggetiva di un vassoio con sopra i bicchieri té. Il protagonista sa anche cogliere al volo le occasioni che si presentano: la temporanea sostituzione di un operatore gli permette di ritrovare il frateo. Salim raccconta che è dovuto fuggire con Latika, cerca di giustificarsi, a lui un commosso Jamal riesce solo a sussurrare: “Ciao Salim”. Sul primo piano di Jamal entra in off il tema musicale dello show e di nuovo torniamo nello studio televisivo.“Cambridge Circus non è a Cambridge, posso chiedere perché?” Dopo qualche esitazione il concorrente risponde: Londra. Nuovamente ha fatto centro e ha vinto una somma strabiliante.
Il fratello e Latika
All’ultimo piano di un palazzo in costruzione Jamal scorge di nuovo la sagoma nera di Salim, come nella terribile notte dell’albergo, l'ultima volta che lo ha visto. Vorrebbe gettarsi con lui dal grattacielo ma un pugno ben assestato è molto più efficace per sbollire la rabbia accumulata per anni. Salim è orgoglioso dei progressi compiuti dal paese - “l’India è al centro dell’ombellico del mondo” - ammette compiaciuto quando osserva che nella baraccopoli dove un tempo hanno vissuto, sono stati costruiti degli uffici. Lavora per Javed ed è un giovane rampante con cellulare, biglietto da visita, abiti alla moda e una casa, dove “ordina” a Jamal di andare a vivere. Il ragazzo chiede notizie di Latika ma il fratello non sa dove sia la ragazza. Una mattina Jamal lo segue con un taxi mentre a bordo di una potente autovettura attraversa la metropoli. Il diaologo tra i due all’inzio della sequenza e le immagini del pedinamento restituiscono un'immagine del "miracolo" indiano più articolata e convincente delle versioni correnti nei media: una dimensione dove improvvise fortune coabitano con la più tetra povertà e l' euforia del mercato senza regole produce quei danni irreversibili che tutti conosciamo.
La macchina si ferma davani ad una grande villa, poco dopo Jamal si avvicina e dalle fessure di una cancellata rivede Latika. Una soggettiva come per la notte del postribolo lo avvicina alla donna amata. Il tenero abbraccio tra i due si scioglie a contatto con la dura realtà: lei su un occhio porta i segni di un pestaggio, guarda in televisione il milionario “per evadere” ma è l’arrivo di Javed che fa precipitare la situazione. Il boss cambia canale “io sono già milionario”, afferma con tono arrogante e va in salotto a guardare una partita di cricket. Latika è spaventata e confessa a Jamal che stanno per andarsene in luogo sconosciuto, ancora una volta lui non si arrende e dà appuntamento alla ragazza a Victoria Station.
L’8° domanda
“Allora Jamal quale giocatore di cricket ha segnato in maggior numero di punti della storia”: il concorrente decide di continuare a giocare mentre i ricordi lo portano a Victoria Station e al giorno in cui ha cercato di incontrare Latika. (da 1.21.49) La ragazza, anche se in ritardo, riesce ad arrivare ma è un attimo, poi due uomini di Javed, tra cui Salim, la trascinano via. Viene così svelata l’origine di una delle immagini più ricorrenti nei flashback di Jamal: il breve sguardo d’intesa che i due si scambiano alla stazione.
Nello studio televisivo un break pubblicitario fa incontrare Prem e Jamal fuori dal frastuono dello show. Sembra arrivato il momento delle confessioni: il conduttore rivela di essere nato in una baraccopoli e di aver lottato per arrivare al successo, Jamal ammette di non sapere la risposta. Il presentatore lo incoraggia a continuare e traccia sul vetro di uno specchio la lettera B.
Fai la cosa giusta suggerisce Prem e da accattone diventerai sultano … è il tuo destino ... ma Jamal non accetta il consiglio, chiede l’aiuto del computer, sceglie la lettera D e vince 10 milioni di rupie. Finisce la puntata e Jamal viene fatto arrestare da Prem che lo considera un imbroglione. L’uomo fin dall’inizio non ha avuto simpatia per questo concorrente venuto dal nulla e non ama l’idea di dover dividere la ribalta del Milionario con qualcuno che come lui arriva dagli slum. Il conduttore è interpretato da Anil Kapoor, uno dei più popolari attori indiani che veste spesso i panni del cattivo, mentre Freida Pinto (Latika) è una ex modella e conduttrice televisiva di Mumbay, qui al suo primo ruolo da protagonista. Dev Patel (Jamal) è l’unico immigrato, inglese di nascita è molto conosicuto nel suo paese come star della serie Skins.
Jamal viene portato via dalla polizia
Finisce qui il lungo flashback che ha dato inizio al film: l’ispettore spegne la televisione e si torna al presente. Senza voler far teoria a basso costo possiamo constatare come uno dei dati più stimolanti del film risiede nel rapporto tra la vita "vera" del protagonista e la sua difficoltà nel comunicarla ad interlocutori per cui la verità è predefinita. Nessuno riesce a credere che sua la partecipazione al quiz sia legata alla ricerca di Latika e non ai soldi.
La 9° domanda
Tornati al presente il regista utilizza, di nuovo, il montaggio alternato per avvicinare i destini di Jamal e Malika: in un continuo crescendo di emozioni tra lo studio televisivo, il pubblico (a casa o nelle strade tutti seguono la sua vicenda) e la ragazza che cerca di raggiungerlo. Tutto questo è possibile perché Salim fa in modo che Malika possa abbandonare la casa dove Javed la tiene segregata. Salim è duro, vendicativo ma anche leale, in fondo è un delinquente di buon cuore che alla fine si riscatta con il sacrificio e permette al fratello di riavere la donna amata.
L'anima melodrammatica della storia risiede proprio nel personaggio del fratello e molti critici hanno avvicinato il film di Boyle a quelli realizzati dalla potentissima industria cinematografica indiana. Il 28 dicembre 1895, Clément Maurice, “concessionario del Cinematografo Lumière per Parigi e zone limitrofe”, adattò e fece arredare come un divan oriental il sotterraneo del Grand Cafè dell’Hotel Scribe del Boulevard des Capucines, battezzandolo, quasi profeticamente, Salon Indien: infatti, oggi il cinema indiano, almeno dal punto di vista quantitativo, è il più importante del mondo. I dati forniti dall’Observatoire Européen de l’Audiovisuel al Festival di Cannes del 2008 ribadiscono come l’India sia il paese il più prolifico con la produzione di 1000 film all’anno, un numero da far impallidire anche Hollywood che nello stesso periodo si ferma a 453 lungometraggi. A questo va aggiunto che il principale supporto è dato da un pubblico vasto e assiduo, ogni tre mesi un miliardo di persone - cioè l'intera popolazione - si reca al cinema. I film indiani stanno guadagnando una crescente popolarità anche nel resto del mondo, da quando è scomparso dall’immaginario collettivo il mito di un tempo sull’“India misteriosa”, oggi ciò che interessa di questa nazione non sono soltanto gli antichi monumenti e i valori delle sue millenarie e molteplici tradizioni civili e religiose, ma anche i suoi nuovi modelli culturali. In particolare l’attenzione si è concentrata sul cinema di Bollywood. Un neologismo usato per indicare il cinema commerciale in lingua hindi prodotto a Bombay (ora Mumbay) che deve la sua popolarità ad una formula dove si amalgama melodramma, commedia, azione e soprattutto canzoni e danza. Questi popolati da eroi positivi, belle e virtuose eroine e venali ‘cattivi’, comprimono e proiettano le fantasie collettive, riproponendo, in forma semplificata, lo scontro tra il bene e il male, tra dei e demoni, presente nella mitologia indù.
Il destino incombe nello studio televisivo e solo una domanda separa il concorrente dalla vincita. “Nel romanzo di Alexandre Dumas, I tre moschettieri, due dei moschettieri si chiamavano Athos e Porthos, qual era il nome del terzo moschettiere?
Un elemento interessante sottolineato nel corso della vicenda è l’uso che Jamal fa del proprio vissuto: nulla va perso e ogni fatto, ogni evento, ogni incontro sono fonti di conoscenza. ll film non deve essere inteso tuttavia come un attacco alla cultura perché il sapere che si trova nei libri è altrettanto utile e fondamentale. Ora Jamal si trova in difficoltà proprio perché quando ha frequentato le elementari, disubbidendo al maestro non ha letto I tre moschettieri. Infatti è costretto a chiedere l’aiuto del telefono e convinto di chiamare Salim sente rispondere da Latika. In questo segmento del racconto è importante l’uso che viene fatto del sonoro per rafforzare la suspense. Durante la disperata corsa di Latika, il lungo e prolungato squillo del cellulare viene portato in primo piano, mentre gli altri rumori sono attutiti. E’ questo suono che rende la scena così avvincente e negli spettatori sorge spontena la domanda: riuscirà la ragazza a rispondere?
Jamal non sa la risposta e casualmente risponde Aramis. Alternate alle sue immagini nello studio, quelle del fratello, che rinchiuso nel bagno getta delle banconote in una vasca (sono queste le stesse inquadrature viste nei flashback iniziali) e mentre Jamal vince 20 milioni di rupie, Salim uccide Javed e a sua volta è eliminato dagli uomini del boss.
Jamal e Latika si incontrano a Victoria Station. Sullo schermo nero compare: D: era scritto.
I titoli di coda e le conclusioni
Se ncll`infanzia il cinema era l’occasione per dimenticarc i propri problemi e permettcva di raggiungere i propri miti (la scena dell’autografo del divo di Bollywood al piccolo Jamal, lettcralmente coperto di cacca), oggi la televisione sembra colonizzare in modo globale i sogni e le percezioni (la scena del call center o le attese spasmodiche di chi opera un transfert in bilico tra l`invidia e l’ammirazione verso Jamal), senza la capacità di raccontare storie, ma semplicemente stimolando desideri, con il rischio di semplificare la complessità di una cultura e di una società secondo banalizzazioni gerieralizzate.
La consapevolezza di questo livcllo "meta" appare anche nell’estraneità del film al cinema di Bollywood, che invece molti hanno evocato come parentcla stretta. La scelta di inserire il ballctto sui titoli di coda appare un evidente omaggio “fuori tempo" e scientemente denarrativizzato (con echi di Grease peraltro), mentre il percorso del protagonislta povero, sfortunato e buono che si riscatta con l’amore, appare retaggio di molte culture e non solo di quella indiana. Non a caso sembra chiamare in causa referenti come Dickens e Dumas, disarticolando anche loro da uno specifico culturale e attestandoli come patrimonio globale, utilizzando poi una logica da vidcoclip, sia esteticamente che narrativarnente, laddove Bollywood gioca sulla teatralità del mélo musicale. Astuto, ingannevole, coraggioso, innamorato? Forse bisognerebbe premere contemporaneamente i quattro tasti. Sicuramente, nel bene e nel male, Boyle è riuscito ancora una volta e proporre un film non catagolabile, capace di problematizzare non tanto un tema, quanto le modalità attraverso cui viene raccontato e recepito. Che estetizza la povertà e il disagio per interrogarsi sulla messa in scena del mondo e che sceglie la favola per verificare quanto spazio possa ancora esserci per comunicare brandelli di realtà.
Leggi la critica di Emilio Marrese
Altre proposte didattiche
Proiezioni all'Arsenale
Realizzazioni
Analisi del film
Jamal viene portato via dalla polizia
Finisce qui il lungo flashback che ha dato inizio al film: l’ispettore spegne la televisione e si torna al presente. Senza voler far teoria a basso costo possiamo constatare come uno dei dati più stimolanti del film risiede nel rapporto tra la vita "vera" del protagonista e la sua difficoltà nel comunicarla ad interlocutori per cui la verità è predefinita. Nessuno riesce a credere che sua la partecipazione al quiz sia legata alla ricerca di Latika e non ai soldi.
La 9° domanda
Tornati al presente il regista utilizza, di nuovo, il montaggio alternato per avvicinare i destini di Jamal e Malika: in un continuo crescendo di emozioni tra lo studio televisivo, il pubblico (a casa o nelle strade tutti seguono la sua vicenda) e la ragazza che cerca di raggiungerlo. Tutto questo è possibile perché Salim fa in modo che Malika possa abbandonare la casa dove Javed la tiene segregata. Salim è duro, vendicativo ma anche leale, in fondo è un delinquente di buon cuore che alla fine si riscatta con il sacrificio e permette al fratello di riavere la donna amata.
L'anima melodrammatica della storia risiede proprio nel personaggio del fratello e molti critici hanno avvicinato il film di Boyle a quelli realizzati dalla potentissima industria cinematografica indiana. Il 28 dicembre 1895, Clément Maurice, “concessionario del Cinematografo Lumière per Parigi e zone limitrofe”, adattò e fece arredare come un divan oriental il sotterraneo del Grand Cafè dell’Hotel Scribe del Boulevard des Capucines, battezzandolo, quasi profeticamente, Salon Indien: infatti, oggi il cinema indiano, almeno dal punto di vista quantitativo, è il più importante del mondo. I dati forniti dall’Observatoire Européen de l’Audiovisuel al Festival di Cannes del 2008 ribadiscono come l’India sia il paese il più prolifico con la produzione di 1000 film all’anno, un numero da far impallidire anche Hollywood che nello stesso periodo si ferma a 453 lungometraggi. A questo va aggiunto che il principale supporto è dato da un pubblico vasto e assiduo, ogni tre mesi un miliardo di persone - cioè l'intera popolazione - si reca al cinema. I film indiani stanno guadagnando una crescente popolarità anche nel resto del mondo, da quando è scomparso dall’immaginario collettivo il mito di un tempo sull’“India misteriosa”, oggi ciò che interessa di questa nazione non sono soltanto gli antichi monumenti e i valori delle sue millenarie e molteplici tradizioni civili e religiose, ma anche i suoi nuovi modelli culturali. In particolare l’attenzione si è concentrata sul cinema di Bollywood. Un neologismo usato per indicare il cinema commerciale in lingua hindi prodotto a Bombay (ora Mumbay) che deve la sua popolarità ad una formula dove si amalgama melodramma, commedia, azione e soprattutto canzoni e danza. Questi popolati da eroi positivi, belle e virtuose eroine e venali ‘cattivi’, comprimono e proiettano le fantasie collettive, riproponendo, in forma semplificata, lo scontro tra il bene e il male, tra dei e demoni, presente nella mitologia indù.
Il destino incombe nello studio televisivo e solo una domanda separa il concorrente dalla vincita. “Nel romanzo di Alexandre Dumas, I tre moschettieri, due dei moschettieri si chiamavano Athos e Porthos, qual era il nome del terzo moschettiere?
Un elemento interessante sottolineato nel corso della vicenda è l’uso che Jamal fa del proprio vissuto: nulla va perso e ogni fatto, ogni evento, ogni incontro sono fonti di conoscenza. ll film non deve essere inteso tuttavia come un attacco alla cultura perché il sapere che si trova nei libri è altrettanto utile e fondamentale. Ora Jamal si trova in difficoltà proprio perché quando ha frequentato le elementari, disubbidendo al maestro non ha letto I tre moschettieri. Infatti è costretto a chiedere l’aiuto del telefono e convinto di chiamare Salim sente rispondere da Latika. In questo segmento del racconto è importante l’uso che viene fatto del sonoro per rafforzare la suspense. Durante la disperata corsa di Latika, il lungo e prolungato squillo del cellulare viene portato in primo piano, mentre gli altri rumori sono attutiti. E’ questo suono che rende la scena così avvincente e negli spettatori sorge spontena la domanda: riuscirà la ragazza a rispondere?
Jamal non sa la risposta e casualmente risponde Aramis. Alternate alle sue immagini nello studio, quelle del fratello, che rinchiuso nel bagno getta delle banconote in una vasca (sono queste le stesse inquadrature viste nei flashback iniziali) e mentre Jamal vince 20 milioni di rupie, Salim uccide Javed e a sua volta è eliminato dagli uomini del boss.
Jamal e Latika si incontrano a Victoria Station. Sullo schermo nero compare: D: era scritto.
I titoli di coda e le conclusioni
Se ncll`infanzia il cinema era l’occasione per dimenticarc i propri problemi e permettcva di raggiungere i propri miti (la scena dell’autografo del divo di Bollywood al piccolo Jamal, lettcralmente coperto di cacca), oggi la televisione sembra colonizzare in modo globale i sogni e le percezioni (la scena del call center o le attese spasmodiche di chi opera un transfert in bilico tra l`invidia e l’ammirazione verso Jamal), senza la capacità di raccontare storie, ma semplicemente stimolando desideri, con il rischio di semplificare la complessità di una cultura e di una società secondo banalizzazioni gerieralizzate.
La consapevolezza di questo livcllo "meta" appare anche nell’estraneità del film al cinema di Bollywood, che invece molti hanno evocato come parentcla stretta. La scelta di inserire il ballctto sui titoli di coda appare un evidente omaggio “fuori tempo" e scientemente denarrativizzato (con echi di Grease peraltro), mentre il percorso del protagonislta povero, sfortunato e buono che si riscatta con l’amore, appare retaggio di molte culture e non solo di quella indiana. Non a caso sembra chiamare in causa referenti come Dickens e Dumas, disarticolando anche loro da uno specifico culturale e attestandoli come patrimonio globale, utilizzando poi una logica da vidcoclip, sia esteticamente che narrativarnente, laddove Bollywood gioca sulla teatralità del mélo musicale. Astuto, ingannevole, coraggioso, innamorato? Forse bisognerebbe premere contemporaneamente i quattro tasti. Sicuramente, nel bene e nel male, Boyle è riuscito ancora una volta e proporre un film non catagolabile, capace di problematizzare non tanto un tema, quanto le modalità attraverso cui viene raccontato e recepito. Che estetizza la povertà e il disagio per interrogarsi sulla messa in scena del mondo e che sceglie la favola per verificare quanto spazio possa ancora esserci per comunicare brandelli di realtà.
Leggi la critica di Emilio Marrese
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