martedì 22 settembre 2009

Leggi la critica di Emilio Marrese da Il Venerdì di Repubblica

Girato in India, il piccolo film The Millionaire è esploso negli Usa, ora il regista inglese racconta la sua esperienza a Bollywood .
La frase chiave di Trainspotting era “scegli la vita”. In The Millionaire, invece, è ”il destino è scritto”. E la domanda che viene posta agli spettatori è ”credi nel fato?”: la sua risposta qual è? ”Prima di andare in India non conoscevo il concetto di destino, o perlomeno ne avevo uno semplicistico. Pensavo che fosse qualcosa che tiene legate le persone e in parte è vero, per quanto riguarda il sistema delle caste. Ma là ti rendi conto che il destino ha sfaccettature incredibili. Ho notato che i più fortunati sono sempre legati ai meno fortunati: non attraverso la carità, ma in modo più profondo. Inoltre sul set sono successe cose molto strane: il destino lavorava per noi”. Un'esperienza mistica? ”Ho amato tantissimo quest'avventura. Mio padre era stato in India durante la guerra e io avevo sempre voluto andarci. Immaginavo fosse un posto straordinario, ma le sfide che devi affrontare vanno oltre ogni immaginazione. Ho imparato a buttar via tutto quel che pensavo e a tuffarmi nella città, assorbendola. Ho provato a raccontare una storia usando proprio la città, il rumore e il brulichio perenne della sua gente. Bisognava fidarsi e rinunciare a esercitare qualsiasi controllo, sennò dopo una settimana ci saremmo gettati da un ponte”.  Lei frequenta generi sempre differenti: in questo film li ha mischiati tutti. ”Volevo tornare con qualcosa che avesse dentro tutti gli ingredienti di quel posto. Si stupiscono di come si passi dalla violenza più terribile sui bambini al balletto, ma è Mumbai che è così e vive di questi contrasti. Là gli estremi convivono e non si tende a separarli. Chi abita in un nuovo grattacielo non chiede che le baraccopoli attorno vengano abbattute. Quanto ai generi, mi piace partire sempre da zero perché credo che il miglior film di un regista sia sempre il primo: quando non si preoccupa di che genere sarà”. Una volta tanto la tv non viene raccontata con disprezzo. ”In India quello show è qualcosa di colossale, lo conoscono tutti. Lo guardavo da casa e devo ammettere che dà dipendenza. In qualche modo reality e quiz hanno democratizzato la tv: la gente non vuole più solo subirla, ma farla. Come il protagonista sfrutta lo show per arrivare alla sua amata, anche io l'ho sfruttato come regista perché aiutasse il film. Scorsese dice che bisogna saper far passare di contrabbando le proprie idee e io sono un sostenitore di questa tecnica: bisogna usare mezzi all'apparenza impropri per far arrivare il messaggio. Quello show è stato il mio cavallo di troia”.
Emilio Marrese, Il Venerdì di Repubblica, 27 Novembre 2008

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