venerdì 25 settembre 2009

IL FAVOLOSO MONDO DI AMÉLIE

Un film di Jean- Pierre Jeunet
Soggetto e Sceneggiatura: J-P. Jeunet, Guillaume Laurant
Fotografia: Bruno Delbonnel
Musiche: Yann Tiersen
Montaggio: Hervé Schneid
Scenografia: Aline Bonetto
Arredamento: Marie-Laure Valla
Costumi: Madeline Fontaine, Emma Lebail
Effetti: Alain Carsoux, Yves Domenjoud
Interpreti: Audrey Tautou (Amélie Poulain), Mathieu Kassovitz (Nino Quincampoix), Rufus (Raphael Poulain), Lorella Cravotta (Amandine Poulain), Yolande Moreau (Madeleine Wallace), Artus de Penguern (Hipolito), Urbain Cancelier (Collignon), Dominique Pinon (Joseph), Claude Perron (Eva), Maurice Bénichou (Dominique Bretodeau), Isabelle Nanty (Georgette).
Produzione: Filmstiftung
Origine: Francia
Anno di edizione: 2002
Durata: 120’

Sinossi

Concepita il 3 settembre 1973 da un padre misantropo, Raphaél, e da una madre nevrotica, Amandine, Amélie Poulain cresce nel microcosmo della sua casetta, con la sola compagnia di un pesce rosso con tendenze suicide. In seguito alla morte della madre davanti a Notre-Dame, la situazione non migliora, anche perché il padre dedica tutto il suo tempo ed il suo affetto ad un nano di gesso da giardino. Raggiunta la maggiore età, Amélie esce di casa per andare a vivere nella grande metropoli francese. Lavora come cameriera in un bar tabacchi di Montmartre, il Deux Moulins. Amélie conduce un'esistenza solitaria ed appartata, senza grandi sorprese. I suoi unici piaceri sono immergere la mano in un sacco di legumi al mercato, rompere la crosta della creme brulé con il cucchiaio e far rimbalzare i sassi sull'acqua del Canal Saint Martin. Ma nel giorno della morte di Lady D. la sua vita cambia radicalmente. Il ritrovamento casuale di una scatoletta di latta in un anfratto del suo bagno la convince di essere investita da una missione: aiutare gli altri ad essere felici, punendo chi sfrutta ed approfitta dei deboli e degli indifesi. Intanto Amélie si innamora dell'enigmatico Nico, un impiegato del sex-shop “Video Palaée. Re del Porno” che raccoglie ossessivamente frammenti di foto-tessere, colleziona impronte di cemento e lavora come fantasma in un luna park. Il gioco d'amore tra i due ha inizio, grazie anche all'aiuto - diretto ed indiretto - di una serie di personaggi bizzarri, come Joseph, personaggio dalla gelosia patologica che ama far scoppiare le bolle della plastica da imballo; Georgette, l'ipocondriaca commessa del bar, il pittore Raymond Dufayel che vive recluso nel suo appartamento a riprodurre il medesimo quadro di Renoir; il fruttivendolo Collignon, antipatico e dispotico (finirà vittima degli scherzi più sadici di Amélie); Lucien, il garzone di Collognon che maneggia l'indivia come se fosse un uccellino caduto dal nido, e infine Madeleine, la triste portinaia dello stabile in cui vive Amélie

ANALISI DEL FILM

1) Jean-Pierre Jeunet e la storia di Amélie

Jean-Pierre Jeunet è noto ai cinefili di tutto il mondo per un piccolo film cult di inizio anni Novanta, Delicatessen, scritto a quattro mani col disegnatore Marc Caro, e al quale il Favoloso mondo di Amélie deve molto in quanto a costruzione dell'inquadratura. Il mondo di Jeunet (che in Amélie e nel suo entourage si proietta con tutte le sue manie e le sue predilezioni) è veramente una realtà a se stante: ipercromatica, comica, leggera ma razionalmente organizzata. Anche in Delicatessen (in mezzo ci sono stati La cité des enfants perdus e il capitolo hollywoodiano di Alien 4 -La clonazione) la scelta andava nella direzione di un mondo fumettistico, dall'artificiosità esibita e dai personaggi privi di chiaroscuri. E anche qui (la storia è ambientata in una ripulita Parigi di fine anni Novanta) l'estetica è la stessa: il mondo di Amélie, del resto, non può che essere “favoloso” e solo nelle favole il protagonista ha poteri soprannaturali e fa marciare l'azione contro ogni verosimiglianza. La scelta è obbligatoria: o lasciarsi andare alle divagazioni e alle libertà di regia e sceneggiatura, o rimanere fuori dal gioco. L’inizio è folgorante per senso del comico, gusto cromatico e sintesi narrativa: in pochi minuti vengono tratteggiate la storia e le ossessioni di una bambina dall'infanzia né felice né infelice, piuttosto, fredda. La sua reazione ad un habitat familiare privo di affetto le farà prendere, improvvisamente e casualmente, la decisione di prodigarsi a risolvere i problemi degli altri.

2) Giochi di Amélie piccola
Il cinema sta attraversando una fase di profonda trasformazione. L’avvento del digitale ne sta ridefinendo la natura: non solo a livello produttivo e distributivo, ma anche e soprattutto estetico. In questo senso, Il favoloso mondo di Amélie, è un testo paradigmatico, un esemplare di un nuovo cinema che usa la tecnologia e gli effetti speciali per finalità poetiche e non meramente strumentali. Amélie fa infatti da ponte tra il cinema francese degli anni Trenta-Quaranta e quello contemporaneo. L’operazione di Jeunet è, infatti, estremamente complessa e merita di essere descritta nelle sue caratteristiche essenziali. Il regista francese non si è limitato, infatti, a riprendere, commentare, a ricontestualizzare altri testi filmici ma ha utilizzato una pluralità di codici, tecniche e linguaggi provenienti da aree espressive eterogenee e proprie di media assai differenti tra loro.

3) Presentazione del padre e della madre   

Il “mondo” di Amélie è, innanzitutto un mondo popolato di figure inquietanti a partire da quelle dei genitori. Il padre e la madre sono, infatti, soggetti psicotici che sembrano influenzare negativamente l’esistenza della protagonista fin dalla tenera età. L’autore si diverte a descrivere i personaggi attraverso l’elenco delle cose che piacciono o non piacciono a loro. Del resto tutto il film sembra proprio un lungo elenco di elementi che si uniscono tra loro, il risultato di un collezionista maniacale che vuol dare ordine alle cose raccogliendo in gruppi situazioni e eventi in fondo molto diversi tra loro ma poi uniti, in maniera arbitraria, in base a una discriminante particolare. Sembra il tentativo, un po’ folle, di dare ordine al caos e in definitiva di trovare un motivo, sia pure pretestuoso, per dare un senso all’esistenza. E diventa così metafora di un mondo che si aggrappa a piccole certezze, a quotidiane abitudini, a miti fasulli o a illusioni. Perché, in effetti niente sembra essere unito, solidale a cominciare proprio dalla coppia di genitori che non vediamo mai insieme ma ritratta separatamente. C’è, insomma una solitudine fra le persone e una separatezza fra le cose e gli eventi che terrorizza.
In questo sistema di relazioni atomizzato non resta che riversarsi sulle piccole cose, lasciar perdere le grandi spiegazioni e fissare la nostra attenzione sui piccoli piaceri. Piaceri che come dimostrano quelli dei genitori di Amélie, sono piaceri solitari mentre il contatto con altre persone provoca fastidio.

4) Amélie, la sua presunta malattia e il suo mondo
Anche il pesciolino è solo e per questo tenta il suicidio. In un ambiente così non resta che rinchiudersi in mondo fantastico (le nuvole che si trasformano in pupazzi di peluche, la strana creatura a cui ausculta il battito cardiaco) ma anche reagire con cattiveria (la vendetta sul vicino che anticipa quella sul fruttivendolo)

5) Morte della madre
Amélie, abbiamo detto in precedenza, è un film che contiene riferimenti ad altri media e ad altre espressioni artistiche. In primo luogo, l'animazione. L’influenza dei cartoni animati è palpabile in ogni singolo fotogramma di Amélie. Non va del resto dimenticato che Jeunet ha esordito proprio con cortometraggi animati. Amélie è un omaggio all’estetica dei cartoni animati. Pensiamo alla tragica morte della madre di Amélie, schiacciata sotto il peso di un suicida gettatosi dall'alto di Notre Dame, che rimanda immediatamente alle trovate dei cartoons con Wile E. Coyote. E la scena girata nella stazione della metropolitana di Abbesses, che segna il primo incontro tra Amélie e Nino Quicampoix rimanda all'immaginario dell'animazione: Amélie con la sua chioma a caschetto, le scarpe nere sproporzionate, il maglioncino rosso, ricorda il personaggio di Olive Oyl, la fidanzata di Braccio di Ferro. E non dimentichiamo tutti i personaggi animati di cui Amélie si circonda: dai coccodrillo dell'infanzia alla abat- jour che si spegne da sola. Il film è’ una favola nera con Parigi pervasa da ossessioni e dalla presenza della morte: la mosca schiacciata, l’uomo che piange la morte dell’amico cancellando il suo indirizzo dall’agenda,  la vicina in coma, i tentativi di suicidio del pesciolini, i disastri in tv e infine il suicidio della turista che provoca la morte della madre di Amélie, guarda caso proprio all’uscita della chiesa. Sembra proprio un mondo senza pietà crudele e cinico che non lascia speranza. Anche il passaggio del tempo attraverso le tendine che sottolineano le ellissi temporali mostra il lento ma inesorabile “cupio dissolvi” dell’esistenza con l’orsacchiotto che si decompone in un’aiuola-tomba.

6) Amélie nel bar. Presentazione del personale e dei clienti
Anche per i colleghi di Amélie e gli avventori del bar l’esistenza può riassumersi in qualche piccolo piacere o qualche piccolo fastidio.

7) Amélie con il padre. Parlano dei viaggi   

8) Amélie al cinema

Fra i piaceri di Amélie, il cinema. Tra i tanti media e forme espressive citate dal film, il cinema è sicuramente quello più importante. Del resto il film stesso si propone come una grande scatola dove conservare i ricordi, la materia di una vita proprio  come quella scatola che Amélie tra un po’ ritroverà e che conserva i ricordi del vecchio inquilino del suo appartamento. Sono tante, tantissime le idee di cinema che il film riprende, aggiorna, reinventa. Amélie può essere ricondotto, in primo luogo, al nuovo cinema, al cinema digitale. La maggior parte dei suoi fotogrammi sono stati infatti manipolati, alterati, modificati con l'uso del computer. Trasformazioni cromatiche, effetti speciali, pulizia digitale dell'immagine. Il risultato è che la Montmarte manifesta la  passione sfrenata per la cultura pop. Montmarte e Parigi come luoghi fuori dal tempo e dallo spazio microcosmi fiabeschi in cui le nuvole hanno la forma di peluche. E’ un’estetica della nostalgia, nostalgia per un tempo che non esiste se non nella immaginazione dell’autore. Effetti speciali che sottolineano anche i sentimenti dei personaggi come quando Amélie si “squaglia” per non essere riuscita a dichiararsi a Nico o quando il suo cuore pulsa tutto il suo amore. Ma in Amélie viene citato soprattutto il cinema francese, da quello degli anni Trenta - pensiamo al realismo poetico di Marcel Carné, Jean Renoir e René Clair - fino ad arrivare alla nouvelle vague. Pensiamo a Zazie dans le métro di Louise Malle, senza dimenticare la Parigi di Agnès Varda (Cleo, dalle 5 alle 7) e Jules et Jim di Truffaut, citato direttamente. Concludendo: Amélie è il cinema che mette in scena il cinema.. Cinema come meccanismo, come finzione, come illusione. Amélie è una riflessione sull'amore attraverso l'amore per il cinema. La piacevolezza del racconto si veste così di uno stile altrettanto gradevole, nel quale i continui movimenti di macchina e le continue invenzioni visive dimostrano come il cinema possa ancora narrare in maniera nuova una storia in fondo elementare, e in cui proprio la ricchezza visiva favorisce nuovi spessori interpretativi (la storia di un amore “sognato”, difficile da esprimere, si colora di letture evangeliche, eppure autoironiche).

9) Amélie, l’amore e i piccoli piaceri
Amélie è uno di quei personaggi non impastoiati da convenzioni realistiche ma capaci di creare una propria realtà. Ai personaggi femminili non capita spesso di costruire un mondo a loro immagine e somiglianza, un mondo di invenzione ed eccentricità capace di sopravvivere ai ruoli tradizionali di amante, moglie e madre. Amélie Poulain/Audrey Tautou è una di queste rare simbiosi riuscite. Quel viso con i grandi occhi neri e i capelli corti, assolutamente affascinante perché non fa nulla di prevedibile per sedurre è l'unico viso possibile per una ragazza che non è la fotocopia di nessun altra. La vita di Amélie non è facile e non è semplice, è l'apparente facilità con cui impone alla realtà le sue regole a farla sembrare tale.

10) Amélie osserva Il pittore

11) 30 agosto 1977: scopre la scatola

Anche se non è un caso che la storia si svolga nel 1997, il tempo della vicenda resta comunque sospeso. La scelta delle scenografie, i costumi dalle fogge vagamente retrò, la rielaborazione digitale che ha “ripulito” le strade dalle auto e da tutti quegli elementi facilmente identificabili e databili, creano, tutti insieme, una sorta di spaesamento temporale. Inoltre molte azioni sono accelerate (es.: la passeggiata di Amélie con il cieco), oppure sembrano dilatate (es.: il percorso di Amélie all'interno del Tunnel degli orrori) e lo stesso prologo che ci mostra l'infanzia della protagonista è costruito sull'accumulazione stratificata degli eventi, in modo tale che ogni situazione offerta sia soprattutto un elemento componente. Quasi come in un film di Fellini, le coordinate temporali della narrazione si rarefanno e le immagini si accumulano senza ordine diacronico: il  racconto cinematografico diventa fotoromanzo, foto-inchiesta (si pensi all'intera sequenza in cui Jeunet ci mette al corrente dei gusti dei personaggi), music-ball, festa, etc. nuovi elementi entrano sullo schermo e si moltiplicano. Un po' come accade al personaggio maschile di Nino interpretato da Mathieu Kassovitz lo spettatore è invitato a ricomporre le immagini delle foto-tessera strappate e a impaginare il suo album (il suo film) fatto di piccole, ma dense emozioni: il ricordo d'infanzia, l'incubo, lo svago, la fantasticheria, il fantasma, il già vissuto. Da qui discendono quella presentazione in alveoli, quelle caselle “immaginate” sulla sinistra del fotogramma, quelle logge, video, foto, quadri e finestre da cui i personaggi possono occhieggiare, prendere la parola (si veda la splendida microsequenza degli animali parlanti), oppure essere spiati, come nel caso del pittore mentore di Amélie. Ma se l’accumulo di materiali e le libere associazioni che essi creano scardinano l’ordine temporale della storia, il film è paradossalmente punteggiato di riferimenti temporali: dall’immagine dell’orologio ripresa dalla telecamera del pittore, alla voce fuori campo che ci ricorda data e ora degli eventi, ai commenti nel suo registratore dell’avventore geloso…. Ennesimo tentativo  (vano e illusorio, come avveniva per gli elenchi di cose e azioni), di mettere ordine al caos dell’esistenza. Tutte le cose, i fatti sembrano essere legati, insieme. Ma di chi è la regia? Del caso o del destino? Certo d’un gran narratore, lo stesso che ci guida lungo il film. Di chi sono mai le loro vite? Di chi è in particolare la vita di Amélie? La risposta più immediata è che non è la sua , non è di Amélie, la sua vita, proprio come accade agli altri e alle loro vite. Non a caso - o forse proprio per volontà del caso – nelle prime immagini del film una mosca finisce spiaccicata sul selciato Una vita ridotta in poltiglia, tanto tragica da diventare comica. Amélie, invece, tenta di convincerci del contrario.

12) Amélie dalla portinaia
Sia nel caso della portinaia sconsolata sia in quello di Lucien maltrattato dal suo datore di lavoro è un ritratto di un’esistenza infelice e frustrata nei sentimenti e nella dignità personale. Il mondo che circonda Amélie è ancora una volta un mondo cinico e egoista, popolato da esistenze solitarie.

13) Amélie e il fruttivendolo e Lucien

14) Amélie e i genitori del fruttivendolo

Non c’è salvezza neanche all’interno della coppia. Infatti le tre coppie che noi vediamo sullo schermo (i genitori di Amélie, i genitori del fruttivendolo, la tabaccaia e il cliente geloso) non comunicano tra loro. Per non considerare, poi, le ex coppie che adesso si odiano. L’amore è insomma un’illusione. Quello che vediamo è solo gelosia, routine, incomunicabilità e il sesso è solo un’esperienza da porno shop.

15) Amélie nella metropolitana vede per la prima volta Nino
Per questo sembra ironicamente improbabile il colpo di fulmine e l’amore romantico tra Amélie e Nino preceduto da una struggente musica di Edith Piaf suonata dal giradischi del cieco.

16) Il padre di Amélie e il nano da giardino
E’ un mondo tutt’altro che “favoloso” ma brutto, kitsch, come i nani messi nei giardinetti delle case in periferia. Ma basta guardare l’interno della casa di Amélie o della portinaia per accorgersi che il buon gusto non appartiene ai protagonisti.
17) Nel bar

18) Alla ricerca di Bredoteau

19) Il pittore la invita in casa e le indica il cognome esatto

La bellezza, semmai è riprodotta serialmente non è mai creata, inventata. E’ un mondo dove, anche se tutto è possibile, come vedere magicamente danzare due bicchieri sollevati da un soffio di vento, tutto nella realtà dei fatti è molto monotono. “L’uguale” si ripete all’infinito e anche chi è dotato di talento come il pittore non riesce a sfruttarlo riproducendo all’infinito “La colazione dei canottieri” di Renoir.
Nel dipinto la ragazza con il bicchiere d’acqua “Forse è solo diversa dagli altri” è la metafora pittorica di Amélie: una che se ne sta fuori dal coro. In tutto il film notevole è la citazione pittorica. Del resto ogni singola inquadratura è dotata di una propria autonomia. Si pensi, inoltre alla figura del pittore Raymond Dufayel che, recluso in casa da oltre vent’anni per via di una malattia delle ossa, passa il suo tempo a ricreare, pennellata dopo pennellata, l’opera di Renoir. Amélie è, anche grazie agli effetti speciali un film “impressionista”.

20) Dominique Bretodeau ritrovamento scatola
Dominique Bretodeau è l’ennesimo perdente solitario. Perdente anche quando vince come ci ricorda il flash back nell’episodio del piccolo Dominique che pur avendo guadagnato al gioco tutte le biglie dei compagni finisce per perderle e viene umiliato dall’insegnante. 

21) Amélie e il cieco

22) Amélie e le immagine di repertorio

A proposito di Kitsch, poi, le immagini televisive sono un  panorama visivo desolante che ben si sposa con le scenografie che accolgono i personaggi. La morte di Lady Diana, l’isteria collettiva creata dai mass media si ripropone ironicamente nel finto documentario con immagini d’epoca della morte di Amélie “benefattrice”. A ribadire gli orrori che il gran pastiche della pseudo informazione mediatica provoca, l’edicolante dirà “Che disgrazia per una volta che una principessa era giovane e bella…” “Che vuol dire” replica Amélie” “ che se fosse stata vecchia e  brutta era meno grave ?” “Sì certamente guardi Madre Teresa!” La rappresentazione immaginaria della sua morte “televisiva” provoca in Amélie anche sensi di colpa per il mancato rapporto con il padre. Pervasive, inoltre, le estetiche del videoclip e della pubblicità. C'è uno spiccato rifiuto della frontalità: la macchina da presa è collocata quasi sempre sopra o sotto i personaggi. In alcuni momenti, i movimenti di camera tolgono letteralmente il fiato. La televisione - ed il suo linguaggio – ricorre in numerose scene: dall’annuncio della morte di Lady D., alle immagini dello sport fino alla lettera in forma di videocassetta che il pittore Raymond fa avere ad Amélie.

23) Rapisce il nanetto da giardino

24) Nel Metro rivede Nino, Nino perde una borsa del motorino con l’album delle fotografia

La “crisi” della giovane protagonista si rivela quando l'amore entra nella sua vita, grazie all'arrivo di Nino, commesso in un pornoshop, che ha la mania di collezionare le foto-tessere smarrite dalla gente nei pressi delle stazioni. Detto questo, l'associazione al cosiddetto “realismo magico” o “poetico” del cinema francese degli anni Trenta comincia a giustificarsi. Amélie vive nell'oggi, ma ignora e combatte a modo suo le ingiustizie di cui è testimone: punisce il droghiere presuntuoso che maltratta il suo commesso, ristabilisce l'armonia nel bar dove lavora e nel proprio condominio, indirizzando per il “bene” degli altri le correnti d'amore. Se non fosse per l'evidente impianto irrealistico e spudoratamente romantico del film, ci sarebbero altri indizi a confermarlo: la colonna sonora parigina e «truffautiana» di Yann Tiersen, che accompagna con allegre partiture al piano le corse di Amélie, il riferimento ai dipinti di Renoir (padre del regista Jean), il fatto che Jeunet e il suo co-sceneggiatore Guillame Laurant avessero deciso in prima istanza il nome di Garance per la protagonista (lo stesso di Arletty in Amanti perduti di Marcel Carné). Dati di fronte al quali gli attacchi di lepenismo al film risultano a dir poco strumentali e perdono senso. In secondo luogo, la fotografia. L'opera di Jeunet è una straordinaria riflessione sul medium fotografico. Questo elemento metalinguistico è presente tanto a livello narrativo quanto estetico e linguistico. Nel primo caso, pensiamo alla presenza pervasiva di apparecchi fotografici, cabine e fotografie tout court. Nino raccoglie le foto tessere abbandonate nelle stazioni della metropolitana. Per converso, il prologo ci informa che Amélie passa le sue giornate a fotografare il cielo di Parigi con la sua Instamatic Camera. E una volta cresciuta, Amélie fa recapitare al padre una serie di polaroid dello gnomo viaggiatore per convincerlo ad uscire da casa ed esplorare il mondo. Infine, i titoli di coda sono costruiti come un album di fotografie... A livello estetico, inoltre, la straordinaria fotografia di Bruno Delbonnel privilegia cromatismi caldi ed intensi che contribuiscono a dare a Parigi un look fiabesco, o meglio, da libro di fiabe illustrato. Colori dai fortissimi contrasti: toni seppia, rossi accesi, marroni slavati. Le immagini sono come rivestite da un filtro verde-oro, ottenuto per mezzo di manipolazioni digitali. E’ una Parigi d’altri tempi, come quelle che si comprano nelle bancarelle ai lati della Senna.

25) Al bar si parla dell’amore e dei colpi di fulmine

26) Amélie trama l’innamoramento tra la tabaccaia (Georgette) e l’avventore geloso

27) Notizia ritrovamento della lettera

28) Amélie e il pittore guardano l’album di foto e notano una persona che ritorna varie volte

In una realtà monotona e sempre uguale inizia a insinuarsi il mistero della novità, dell’inconsueto che circonda l’incontro imprevisto per Amélie con l’amore. Ed ecco che Amélie per vendicare le umiliazioni subite da Lucien sconvolge la vita del fruttivendolo scambiando il tubetto del dentifricio con quello di una crema oppure l’ordine della segreteria telefonica.
E allo stesso modo lo straordinario sconvolge la vita del padre di Amélie quando gli arrivano le foto del nano da giardino da tutti i paesi del mondo.

29) Amélie prepara la vendetta sul fruttivendolo

30) Amélie dal padre

31) Il fruttivendolo subisce la vendetta di Amélie

E non è affatto vero che Amélie e un film zuccheroso. Jeunet non perde l'occasione per stilettare lo spettatore con humour nero e cinismo. Abbiamo già visto come i  genitori di Amélie sono presentati come “neurotici e “freddi come un iceberg” e, più in generale i personaggi vivono nella più completa solitudine. Solo per mezzo di una serie di stratagemmi orchestrati dalla fanciulla riescono a comunicare tra di loro. In altre parole, il film è permeato da un sottile velo di melanconia e di tristezza, che nei film precedenti di Jeunet era tematizzata, ma che qui rimane tra gli interstizi dell'immagine. Insomma: il buonismo c'entra poco o niente. Premessa esistenziale: siamo (quasi) tutti “anime morte”. Dopo la fine delle ideologie, la secolarizzazione e il relativismo culturale, l'etica fatta in casa, il trionfo del consumo globale... eccoci arrivati al dunque. Che fare? Come riempire il vuoto? Come diventare buoni? Il film, in fin dei conti, declama l’impossibilità di trovare una soluzione. Proprio perché Jeunet la butta in favola, nel “vorremmo che fosse così”, con la voce fuori campo che narra e un'estetica pop-cartoon-romantica divertita, senza alcuna intenzione di lanciare messaggi rivoluzionari. Suggerisce la strada del sogno e della fantasia (fuga?), abbandonandosi alle emozioni. L’amore arriverà anche per la cameriera solitaria e chissà che fine farà la sua bontà. Ha spezzato l'incantesimo della vita sempre uguale (il quadro di Renoir dipinto all'infinito, il domino, la moneta che gira, gli orgasmi contemporanei ... ), scovando l’altra faccia delle cose (il foglietto scritto sui due lati). Troppo semplice? Troppo astratto? Troppo irreale? D'altra parte è una fiaba. Può irritare o suscitare entusiasmi. La strada che porta alla bontà è, insomma ambigua  Del resto per dirla con Nietzsche “I buoni non sono capaci di creare”. Non è importante essere virtuosi ma vitali e sensibili.

32) Lucien dal pittore
Nella video cassetta di immagini televisive montate da Amélie, c’è  il tentativo di far entrare immagini diverse, inusuali nel panorama monotono del pittore; creare in lui il desiderio di evadere, anche solo con la fantasia, in altri scenari. Stessa idea di stravolgere l’ordinario che abbiamo nei casi della tabaccaia e del fruttivendolo. Come verrà sottolineato dallo stesso pittore  Amélie è il suo alter ego: Lui fragile fisicamente, Amélie psicologicamente.

33) La tabaccaia e l’avventore fanno l’amore

34) Amélie al porno shop

Anche Nino, come Amélie, è un sognatore e come Amélie è circondato dalla pornografia (dei sentimenti teletrasmessi in Amélie) e di kitsch (il tunnel dell’horror)

35) Amélie incontro con Nino al luna park   

36) Amélie e Nino incontro a Montmartre

E poi, il film come altro mezzo espressivo cita il videogioco. A parte l'utilizzo della tecnica digitale - che dei videogiochi costituisce il linguaggio - il gioco si manifesta a livello tematico. La vita quotidiana nella metropoli francese diventa una sorta di caccia al tesoro: con tanto di indizi disseminati nello spazio urbano, manifesti rivelatori e frecce direzionali. La Montmartre di Amélie, è allora uno spazio plastico, ludico, una vera e propria area di gioco anziché mero background. Ed il montaggio conferisce al film un il ritmo, specie in certi momenti, vorticoso. Non va poi dimenticato che è proprio la scoperta di una scatola di giocattoli nascosta nella toilette di Amélie a spingere la ragazza ad intraprendere la sua crociata buonista. L’elemento ludico è già presente nei titoli di testa, si pensi alle immagini del domino o dei giochi di carta. Infine, come nei video giochi, i personaggi “interagiscono” con lo spettatore, simulando un interscambio comunicativo che prevede l'abbattimento della cosiddetta quarta parete.

37) Nel bar si parla della vita

38) Nino nel Porno shop si informa sulla misteriosa ragazza

39) Amélie e il fruttivendolo

Il suggeritore. Il teatro è citato come altro mezzo espressivo. Seconda vendetta di Amélie ai danni del fruttivendolo.

40) Amélie scrive la lettera per la portinaia
Jeunet recupera le convenzioni proprie dell’immaginario letterario della fiaba e del romanzo. Si pensi all’espediente della lettera indirizzata alla padrona di casa, ma anche al personaggio di Zorro, che viene citato direttamente. Anche in questo caso, la forma letteraria trova incarnazione in un personaggio: Hipolito.

41) Il fruttivendolo subisce la seconda vendetta
Tutte le sequenze che seguono sono la risoluzione di tutte le vicende che si erano sviluppate parallelamente nell’intreccio narrativo
42) La portinaia e la lettera

43) Il pittore e Lucien  dipingono

44) Il nanetto da giardino

45) Nino trova le foto di Amélie

46) Nino e Amélie nel bar

47) Amélie e il pittore

48) Amélie prova a incontrare nuovamente  Nino

49) Nino sulle tracce di Amélie


50) Il nanetto è ritornato a casa

51) Georgette e l’avventore geloso

Hipolito dice: “La vita è solo un’interminabile replica di uno spettacolo che non avrà mai luogo” Che sia la frase chiave per interpretare Il favoloso mondo di Amélie? Quella di Amélie è in fondo una vicenda possibile ma che forse non si realizza mai perché anche l’amore come sembra dire per tutto il film l’autore è un’illusione. Ma vale comunque la pena illudersi che ci sia sempre una via d’uscita in un’esistenza senza prospettive. Il lieto fine quindi non è troppo lieto né consolatorio.

52) Amélie e Nino

53) Cambiamenti

Il successo di Il favoloso mondo di Amélie si può spiegare solo in parte col bisogno di ottimismo che circola in un periodo difficile come questo. E’ un misto di “francesità” da esportazione, ben confezionata, e una rassicurante favola sulle idiosincrasie comuni (ogni personaggio ne è affetto) che si risolvono prima o poi, in qualcosa di positivo. Una storia che riporta la fiducia nel genere umano e la voglia di comunicare, di «resettare» la propria coscienza e di darsi degli obiettivi, delle scadenze a favore del prossimo. Indubbiamente gran parte della “favolosità” è dovuta all'accurato lavoro della messa in scena  che fa de Il favoloso mondo di Amélie, se non un capolavoro, sicuramente un film estremamente curato e pensato.


Torna a schede scuola superiore

Nessun commento:

Posta un commento