giovedì 24 settembre 2009

IL SETTIMO SIGILLO


Un film di Ingmar Bergman
Soggetto: I. Bergman dal suo dramma Pittura su legno
Sceneggiatura: I. Bergman
Fotografia: Gunnar Fischer
Musica: Erik Nordgren
Montaggio: Lennart Wallén
Interpreti:Max von Sydow (il cavaliere Antonio Block), Gunnar Bjornstrand (lo scudiero Jons), Nils Poppe (il buffone Jof), Bibi Andersson (Mia, la moglie di Jof), Bengt Ekerot (la morte), Ake Fridell (il fabbro Blog), Inga Gill (Lisa, la moglie di Plog), Bertil Anderberg (Raval).
Produzione: Svensk Filmindustri
Origine: Svezia
Anno di edizione: 1956
Durata: 96’

Sinossi
Antonius Block, nobile cavaliere svedese, che recatosi come crociato in Terrasanta, vi ha passato dieci anni della sua vita, ritorna ora nel suo paese. Sbarcato sulla spiaggia svedese, trova ad attenderlo la Morte, che ha scelto questo momento per portarselo via; ma Antonius, che durante gli anni vissuti in Terrasanta, tra battaglie cruente e lotte intime, ha sentito vacillare la propria fede, non vorrebbe morire prima di aver superato la crisi spirituale che lo travaglia. Egli propone quindi alla Morte di giocare con lui una partita a scacchi: sarà pronto a seguirla nel momento in cui dovrà dichiararsi vinto. Inizia la partita e tra una mossa e l'altra il cavaliere continua il viaggio verso il suo castello. Inoltrandosi nel paese, Antonius si rende conto delle desolate condizioni in cui si trova la Svezia: infuria infatti una terribile pestilenza che distrugge interi villaggi. Gli uomini in preda alla disperazione, incerti della vita, timorosi del futuro, si abbandonano alle violente pratiche dei flaggellanti o cercano di spremere dall'attimo fuggente la maggior dose di piacere inebriante. In mezzo a queste diverse esaltazioni, Antonius scopre una piccola famiglia di attori girovaghi, composta di padre, madre ed un bimbo: questi esseri, sorretti da un sincero sentimento di reciproco affetto, sembrano estranei alla tragedia che coinvolge tutti gli altri. Prosegue intanto la partita a scacchi, e Antonius Block, incalzato dalla Morte, giocatrice implacabile, e dagli eventi, finisce per perderla. Ma fa in tempo ad allontanare da sé, e quindi dalla Morte, l'innocente famiglia degli attori e a rivedere la sua donna, che lo ha atteso fedelmente nel castello. Antonius, che si è reso conto degli errori e dei peccati commessi e se n'è pentito, si abbandona fiducioso alla misericordia divina.

Note sul film
“L'idea venne a Bergman contemplando gli affreschi delle chiese medievali: menestrelli ambulanti, appestati, flagellanti, streghe sul rogo, crociati e poi la Morte che gioca a scacchi. Il soggetto deriva peraltro da un atto unico scritto da lui stesso nel 1954 per un saggio di recitazione degli allievi dell'Accademia Drammatica di Malmö. Era una breve rappresentazione scenica di una cinquantina di minuti, intitolata Pittura su legno. Un paio d'anni dopo Bergman, mentre ascoltava il disco dei Carmina Burana di Orff, ebbe l'idea di trasformare Pittura su legno in un film. Ma il produttore non ne volle sapere. Poco dopo Sorrisi di una notte d'estate veniva presentato a Cannes e gratificato da un grande successo. Forte del risultato ottenuto, Bergman ripropose il soggetto del Settimo sigillo. La risposta fu positiva, a patto che la realizzazione non durasse più di trenta giorni. Così fu. È un film disuguale cui tengo molto - dice Bergman - perché venne girato con mezzi poverissimi, facendo appello alla vitalità e all'amore. Un'esperienza cinematografica di grande suggestione. Per descrivere l'emozione visiva si è citato Dürer, si sono evocate le sacre rappresentazioni medievali. Esemplare è, tra le altre, la scena in cui i saltimbanchi offrono al cavaliere le fragole e il latte. Bergman gioca magistralmente con la luce. Il bianco e il nero della scacchiera sulla quale il Cavaliere e la Morte giocano la partita definitiva della vita si ripropone in uno smagliante contrasto di ombre e luci nelle potenti sequenze destinate a illustrare simbolicamente i sigilli apocalittici: la peste, la violenza, la carestia, la fame, il potere. Viene rappresentato un nordico secolo XIV attraverso l'evocazione di pitture e sculture, religiose e profane. Il gioco intellettuale dell'allegoria, dei richiami simbolici, del dubbio esistenziale si sposa armoniosamente - come di rado accade nella storia del cinema - con una raffinata poesia delle immagini”
Sergio Trasatti, Bergman, Firenze, La Nuova Italia, 1991

ANALISI DEL FILM

Il Prologo

Su fondo nero inizia la musica del Die irae, poi stacco su l’immagine di un cielo nuvoloso e cupo, poi un’aquila che vola e stacco sulla costa frastagliata e sul mare. Due cavalli in riva al mare e una voce fuori campo: “Quando l’Agnello aperse il settimo sigillo nel cielo si fece un silenzio di circa mezz’ora; e vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio e furono loro date sette trombe. L’Apocalisse di Giovanni (8,1.11)
"Il settimo sigillo" è l'ultimo di quelli che, secondo l' Apocalisse di San Giovanni, impediscono la lettura del libro tenuto in mano da Dio. Solo l'Agnello - e cioè, secondo un sinonimo aramaico, il Servo, cioè il Cristo - può procedere a questa rivelazione, a dissigillare il libro. Le scene corrispondenti a ogni apertura di sigillo non costituiscono tanto una rivelazione parziale del contenuto del libro, quanto il simbolo dei problemi fondamentali che caratterizzano la condizione umana e costringono l'uomo a interrogarsi sul senso della sua presenza nel mondo.

1) Antonius Block
Il cavaliere Antonius Block è sdraiato sulla spiaggia, gli occhi aperti e l’espressione tesa. Poco distante dorme lo scudiero Jons con un coltello stretto nella mano destra. Al volto di Block vengono alternate immagini del mare. Il cavaliere si sciacqua il volto nel mare, poi si inginocchia a pregare. Il primo piano sul suo viso lo pone in luce per metà. Si alza e cammina verso i cavalli, la macchina da presa indugia sulla scacchiera appoggiata sugli scogli.

2) Compare la morte
Compare la Morte e si presenta a Block con cui ha il primo dialogo. Primo Piano sulla Morte che poi allarga il mantello nero che avvolge Block, ma questi le propone una sfida a scacchi. I due si siedono di fronte al mare e iniziano la partita.
Come personaggio cinematografico la morte viene inserita nel racconto fin dall’inizio con un doppio valore di entità: è astratta e simbolica ma è anche un personaggio del film. In proposito una curiosità: la morte è interpretata da un uomo, quando generalmente, a livello allegorico, dovrebbe essere donna. Bergman la rende asessuata grazie ad una combinazione di una maschera da clown con un teschio, espedienti questi di derivazione teatrale.

3) Bloch si mette in cammino
Block sveglia Jons e i due si mettono in cammino. Si sente una musica di sottofondo durante una serie di dissolvenze incrociate che alternano immagini paesaggistiche ai totali con i cavalli in marcia lungo la costa.
Inizia il viaggio. Il settimo sigillo può essere considerato un percorso di formazione: il mutamento del personaggio coincide con una serie di spostamenti geografici.
All’inizio del film il Cavaliere è già stanco ed abbattuto, consapevole della fine imminente e questo nell’ottica protestante si può leggere nel valore che Lutero attribuisce alla passione di Cristo: attraverso la passione l’uomo arriva alla conoscenza di sé, cade nel terrore della morte, trema, freme e prova tutto quello che Cristo ha sofferto sulla croce.

4) La peste
Block e Jons marciano a cavallo, lo scudiero intona alcune filastrocche e inizia a parlare delle leggende sulla peste che si sta diffondendo. I due Giungono nei pressi di un uomo seduto in terra appoggiato a una roccia, Jons gli si avvicina per chiedere informazioni e scopre che si tratta di un cadavere. Block e Jons attraversano un campo al centro del quale si trova un carro.
La scelta di ambientare Il settimo sigillo in epoca medievale è importante per utilizzare strumenti e personaggi funzionali alla riflessione che Bergman vuole mettere in atto. Il film non si pone come una ricostruzione filologica del Medioevo: l’ambientazione è povera, essenziale e molto viene ricostruito in studio, ma è importante aver scelto questo periodo storico, perché funzionale alle vicende narrate. Allora in questo senso il Medioevo e la peste sono il periodo e la situazione più indicati per sottolineare un’allegoria sull’uomo, sulla sua ricerca di Dio con l’unica certezza della morte.
Il film tratta problematiche metafisiche, esistenziali e religiose che sono riconducibili a una matrice protestante (luterana), quando l’epoca è antecedente alla Riforma. Con questo non vogliamo tacciare il film di falso storico, perché il tutto viene riscattato dall’evidente utilizzo di un pretesto per riflettere ancora una volta, su tematiche care a Bergman: il bene e il male, la fede e il peccato, in un’ottica di netti dualismi manichei sintetizzati nei singoli personaggi.
Ancora la sequenza quattro.
Dentro ad un carro dormono tre attori ambulanti: Jof, Mia e Skat. Jof è infastidito da un insetto e si sveglia per primo, esce e sgranchisce le ossa con alcune capriole sul prato. Si avvicina al cavallo e, mentre è intento ad allenarsi con le palle da giocoliere, avverte una sorta di coro angelico alle proprie spalle; si gira e vede camminare sul prato la Vergine Maria con il Bambino, si stropiccia gli occhi e l’immagine scompare. Torna sul carro e racconta alla moglie quello che ha appena visto. Skat si sveglia infastidito e li costringe ad uscire dal carro per non disturbare ulteriormente il suo sonno. I due escono insieme a Mikael, il loro figlioletto, e si mettono a giocare e cantare sul prato.

5) Il borgo
Block e Jons arrivano nei pressi di un piccolo borgo. Lo scudiero entra nella chiesa dove un pittore è intento a terminare gli affreschi sulle pareti. I due parlano della peste guardando le immagini della danza macabra e di flagellanti in processione.
Block confessa ad un monaco di aver intrapreso una partita a scacchi con la Morte. Intanto Jons continua a parlare con il pittore, poi disegna se stesso su un’asse di legno e traccia una descrizione colorita della propria personalità. Arriva Block e i due si allontanano.
All’esterno della chiesa una giovane ragazza alla berlina viene accusata di aver avuto rapporti carnali con il demonio. Jons parla con un soldato e chiede spiegazioni, mentre Block interroga la “strega” riguardo il demonio. Block e Jons si allontanano.
Nel confessionale si svolge la sequenza che per certi aspetti rappresenta uno dei momenti più importanti del film; in essa infatti sono contenuti i motivi fondanti del percorso spirituale ed ideologico del Cavaliere e la sua crisi esistenziale, e al tempo stesso la sequenza si configura come l’esemplificazione dell’apparato simbolico che la pellicola vede disseminato in modo più o meno uniforme. Gli spunti e i motivi di interesse sono molteplici: l’entrata in chiesa è preceduta dall’attraversamento del borgo in cui la rappresentazione si pone secondo modalità figurative realistiche; l’interno vede invece una sequenza di matrice prettamente astratta perché incentrata sulla spiritualità di Block e sul suo incontro metafisico con la morte.
Insieme al Cavaliere entriamo nei recessi dei dubbi esistenziali e religiosi che caratterizzano l’uomo medievale come quello contemporaneo. Un particolare ci fa capire come Bergman voglia coinvolgere maggiormente gli spettatori, quando, e solo in questa scena, inserisce una soggettiva del Cavaliere che guarda il Cristo. Se da più parti è stato rilevato come l’angoscia di Block sia quello dell’uomo contemporaneo nei confronti “dell’emergenza atomica”, nella soggettiva si elimina del tutto l’apparato simbolico per aderire allo sguardo del protagonista senza filtri intermedi. Il nostro occhio, come le nostre coscienze, viene ad agire in prima persona grazie alla partecipazione della sofferenza del Cavaliere che in qualche modo coincide con quella del Cristo in croce. Il parallelo con la sofferenza del Cristo in croce costituisce per Bergman il tramite attraverso il quale esemplificare la sensazione di abbandono da parte di Dio. Block infatti pronuncia le parole: “Lo chiamo e lo invoco. E se egli non risponde io penso che non esiste”, allo stesso modo in cui Cristo si interroga sui motivi dell’abbandono di Dio nel momento della crocifissione. L’intento di Bergman è piuttosto esplicito: nel suo cogliere la sofferenza dell’uomo per antonomasia punta a operare una riflessione dal respiro universale: vuole mostrare la condizione dell’uomo privato dei punti di riferimento spirituali, in preda all’interpretazione del mondo e degli orrori di cui questo si compone.
Questa interpretazione si avvale anche della struttura iconografica che la sequenza mette in scena: la geometrica simmetria della prima inquadratura viene poi sostituita da una serie di piani obliqui, dalle riprese in campo e controcampo sul Cavaliere, all’insita confessione nei pressi della griglia dietro cui si cela la Morte. Proprio in questa occasione viene sfruttata l’inferriata nel suo duplice valore simbolico: quello immediato che pare ricordare una prigione, la stessa che costringe il Cavaliere a non trovare una via di scampo dalle proprie paure esistenziali; e quello più fortemente metaforico della scacchiera con la quale Block ha già iniziato a sfidare la Morte. Tutta la sequenza può essere interpretata come la ripresa della sfida a scacchi su un piano di strategia mentale; il dialogo tra Block e il suo presunto confessore è costantemente contrappuntato dall’ombra o dalla reale presenza della scacchiera che forma la griglia di ferro.
La partita dunque sta continuando sul piano dialettico: si può ritenere quella del Cavaliere una mossa sbagliata, dettata dall’ingenuità che lo spinge a scoprirsi dinanzi al suo avversario, avversario che mostra la propria assenza di morale tramite quella che nel gioco verrebbe considerata una scorrettezza. Il paradosso della beffa subita nel confessionale enfatizza ulteriormente l’implicita critica di Bergman all’istituzione ecclesiastica; l’unica circostanza in cui Block si apre risulta tradita proprio nella sede preposta alle più intime confessioni e debolezze; lezione che il Cavaliere sfrutterà nell’ultimo incontro con la Morte con l’espediente del mantello che, volontario o meno, ingannerà l’avversario in favore della fuga dei saltimbanchi (sequenza 13).
Per cui la chiesa come rifugio delle anime non assolve il suo compito nei confronti di Block: al conforto si sostituisce l’inganno e il silenzio.
Block è indubbiamente il protagonista assoluto del film: è quasi sempre in scena e la storia sembra svilupparsi utilizzando il suo personaggio come fulcro attorno a cui ruotano gli eventi e le altre figure.
Poi Bergman va oltre e fa coincidere il personaggio con lo spettatore: le domande che si pone Block assomigliano a quelle che si pongono tanti uomini. Lo sforzo a cui il Cavaliere deve far fronte è quello della fiducia nell’umanità, e in questa sequenza si attua una sorta di svolta dettata dall’imbroglio cui resta vittima: essere ingannato dalla Morte lo spinge verso un approccio tattico più malizioso. In questo senso è emblematica la scena in cui volontariamente ribalta la scacchiera con il preciso obiettivo di salvare la vita ai saltimbanchi. E’ questa una scelta che va in direzione della speranza, della salvezza, della fiducia verso le nuove generazioni, per cui una risposta positiva verso le potenzialità degli esseri umani.
Bergman mette in scena gli elementi delle proprie radici culturali (e religiose) ma se ne distacca con sarcasmo nel momento in cui affida il ruolo del confessore alla Morte stessa. Di fatto oltre all’aspra critica all’istituzione ecclesiastica, si evince la solitudine del Cavaliere, in quanto, a livello realistico, la Morte rappresenta solo una proiezione dell’uomo: le risposte di questa, la sua ignoranza e incapacità di dare sicurezza, rappresentano niente meno che le riflessioni di Block traslate cinematograficamente nella figura della Morte, unico specchio possibile per il Cavaliere, perché già raggiunto da essa.

6) Ancora in viaggio
I due riprendono la marcia e giungono ad una fattoria abbandonata. Jons scende da cavallo e va in cerca di acqua. Entra nella stalla e vede un cadavere in terra, sente dei rumori e si nasconde. Un uomo, Raval, scende da una scaletta e deruba il cadavere, poi si accorge della presenza di una ragazza, le si avvicina minaccioso ma a quel punto Jons abbandona il nascondiglio e va in soccorso della donna. Lo scudiero riconosce in Raval l’ex seminarista che convinse Block a partecipare alle crociate, lo minaccia con un coltello e gli intima di sparire mentre la ragazza muta emette un urlo. Lo scudiero attinge l’acqua dal pozzo e poi invita la ragazza a seguirlo, dopo un attimo di esitazione lei accetta.

7) I saltimbanchi
I saltimbanchi si esibiscono nella piazza del paese; tra il pubblico il fabbro Plog e la moglie Lisa. La donna si fa corteggiare da Sklat, che poco dopo si apparta con lei dietro dei cespugli. Alla musica ancora suonata dagli altri due, si sovrappone quella più lugubre del Dies irae del corteo dei flagellanti che entrano in paese. I saltimbanchi si arrestano come il pubblico e osservano il corteo preceduto dal crocifisso; anche Block, Jons e la ragazza muta sono arrivati nel piccolo paese. Un monaco inizia ad arringhare minacciosamente la folla lanciando anatemi su chi vive nel peccato e sulla diffusione della peste. La processione si allontana, Jons e il Cavaliere parlano ma sono interrotti dal fabbro che cerca la moglie.
Bergman nasce artisticamente come uomo di teatro e nella sua filmografia si rilevano spesso temi e stile di esplicita influenza teatrale, come nel caso di Una vampata d’amore (1953), Sorrisi di una notte d’estate (1955), Il volto (1958), Come in uno specchio (1960), Il silenzio (1963), Persona (1966), Il rito (1969), Il flauto magico (1974), Fanny e Alexander (1982) e Dopo la prova (1984). In particolare il gruppo di attori girovaghi ricopre in alcuni di questi film, come ne Il settimo sigillo, un ruolo privilegiato. In questo caso il carro dei girovaghi viene ad assumere un ruolo del tutto particolare se messo in contrapposizione agli altri carri presenti nel film. In questa sequenza, per esempio, mentre gli attori si esibiscono al centro della piazza, arriva la processione dei flagellanti che interrompe l’esibizione di Jof e Mia e sposta l’attenzione del pubblico sull’altro lato della piazza: dal divertimento si passa alla morte. Bergman mette così in scena due tipi di commedia umana: quella a lui cara di derivazione popolare itinerante, con quella legata alla superstizione religiosa. Questa sequenza rappresenta un po’ la sintesi del film, l’esemplificazione dei contrasti vita/morte, divertimento/angoscia, commedia/tragedia, endiadi queste che si alternano continuamente nel corso della messa in scena.
Anche nella seq. 12 compare un altro carro: quello che porta la presunta strega al rogo. Subito dopo si passa al carro di Jof e Mia: ancora una volta al carro “funebre” si contrappone quello che porta la vita. Senza dimenticare che nel Medioevo anche le esecuzioni avvenivano alla presenza del pubblico, a questo accenna Jons quando dice: “Perché la bruciate a quest’ora di notte? La gente ha così pochi svaghi di questi tempi”.

8) La locanda
Nella locanda gli avventori parlano della peste. Tra di loro il saltimbanco. Jof sta mangiando quando Raval vuole a tutti i costi vendere a Jof un braccialetto. L’uomo rifiuta e viene provocato da Raval che lo minaccia davanti a tutti e lo obbliga a fare il buffone. Entra Jons e vede la scena, si avvicina a Raval, e come promesso, lo sfregia sul viso con un pugnale, mentre Jof afferra il braccialetto e scappa.

9) Partita a scacchi
Block è disteso su di un prato con la scacchiera; vede Mia con il bambino, si avvicina e i due iniziano a dialogare. Poco dopo arriva Jof che si lamenta e finge di piangere per essere accudito dalla moglie. Mia lo rimprovera, lui le regala il braccialetto e poi va a giocare con il piccolo Mikael. Mia presenta il marito a Block, poi va a prendere delle fragole e del latte fresco mentre il saltimbanco e il Cavaliere parlano dei successivi spostamenti. Arrivano anche Jons e la ragazza muta, Jof inizia a cantare, poco dopo Block lascia gli altri sul prato e si allontana.
Il Cavaliere gioca ora a scacchi con la Morte mentre i compagni di viaggio di Block sono ancora vicini al carro. In un primo momento i due avversari parlano in modo tranquillo, poi la Morte chiede le intenzioni riguardo la famiglia di saltimbanchi e Block cambia subito espressione, la preoccupazione sul suo volto viene sottolineata dalla musica.
E’ questa una sequenza dominata, almeno nella prima parte, dalla simbologia delle cose semplici e rappresenta una momentanea sospensione delle angoscie del Cavaliere. Bergman sembra quasi suggerci che la salvezza sta nelle cose semplici.
Passiamo ora ad analizzare i personaggi.
Lo scudiero Jons ha una personalità sfaccettata alterna toni dal cinico al provocatorio, dallo scanzonato al divertito; il suo ruolo è quello di smorzare i toni verso la commedia. E’ totalmente scettico in contrapposizione all’indecisione del Cavaliere. E’ più caratterizzato di Block perché ha più sfaccettature; se è vero che è cinico ha anche sprazzi di amarezza (come nella scena con la presunta strega), sa essere protettivo e caritatevole come nei confronti della ragazza muta.
La ragazza muta (dirà solo una battuta: “E’ la fine”, quando arriva la morte) sembra avere la funzione di riequilibrare il gioco delle coppie. Infatti nel film Bergman sembra voler bilanciare in modo simmetrico ogni personaggio con il proprio corrispettivo. Il Cavaliere dapprima è in coppia con Jons, poi con la Morte. Jof e Mia sono sposati, Skat farà coppia con Lisa; Lisa tornerà poi con il fabbro. Prima del tragico finale sembra quasi che la salvezza passi attraverso le coppie, gli unici personaggi soli: Raval, la presunta strega e Skat (dopo l’abbandono di Lisa) muoiono.
Raval e gli altri monaci si annoverano nella lunga schiera di ridicolizzazioni delle figure religiose di cui Bergman ha disseminato il proprio cinema, entrambi sono espressione dell’ipocrisia delle istituzioni ecclesiastiche.
Karim la moglie di Block rappresenta la meta del viaggio, il punto finale, anche in senso simbolico, a cui la spedizione tende. La sua voce rievocherà le parole dell’Apocalisse pronunciate dalla voce off all’inizio del film. Novella Penepole ha atteso il marito pur consapevole della morte imminente.
All’inizio del film l’attenzione è focalizzata su Block e Jons, poi il testimone passa nelle mani dei due giovani attori girovaghi. Allora i toni si fanno meno cupi, i personaggi passano dall’angoscia alla spensieratezza e il tema di fondo passa dalla morte alla vita.
Jof ricorda il bagatto, giocoliere medievale raffigurato nei tarocchi, nella cui simbologia rappresenta l’umile che viaggia sospeso tra cielo e terra (a riprova della consistente dimensione onirica affidata a Jof).
Jof vede la Madonna, lo stupore negli occhi e negli atteggiamenti  sono chiarificatori del personaggio: un uomo legato ad una primitiva e ingenua forma di religiosità.
E’ insita in Jof e Mia quella poetica dei semplici e puri che determina la predestinazione, la loro presenza rappresenta la vita in contrapposizione con la morte. I due non hanno i tormenti interiori di Block, infatti durante la scena in cui la donna offre al Cavaliere le fragole e il latte, Mia capisce l’uomo grazie alla sua sensibilità, ma la sua partecipazione si limita a questo sentire; il mondo in cui vive è misurato dall’amore verso il marito e il figlio, non ha le complicazioni interiori che assalgono il Cavaliere. Mia è un’attrice ma non si avverte in lei quella tensione propria degli attori, tipica nel cinema di Bergman, la loro speciale capacità di essere oltre le comuni vicende mortali. Mia affronta la recitazione come un semplice mestiere e riprende il marito quando vuole esibirsi fuori dal palcoscenico perché sa che il ruolo di attore ha una valenza se circoscritto negli appositi spazi. Mia non cela nessun mistero è il personaggio più immediato del film perché non si nasconde mai dietro una maschera.
Il saltimbanco Jof ha il dono speciale della visione, del quale non fa mistero di avere abusato per accentrare l’attenzione su di sé; questa sua capacità comunque risulta essere per la sua famiglia lo strumento di salvezza; egli, infatti, è l’unico personaggio vivente, e destinato a tale sorte, ad avere contatti con la realtà astratta della Vergine prima, della Morte in seguito, e dei defunti che danzano insieme alla Morte stessa nel finale.
Bergman disegna Jof come un artista dotato di poteri speciali che gli consentono di sconfiggere la morte: Skat e Block la vedono e ne restano vittime, Jof al contrario la vede ma riesce a salvarsi sfuggendole e andando incontro al simbolico inno finale alla vita. Jof e Mia, a differenza degli altri, non hanno ancora conosciuto l’orrore e la corruzione del mondo; Block intuisce questo e riconosce in loro la possibilità della salvezza.

10) Jons
Nella piazza del paese Jons e gli altri si preparano a partire, lo scudiero si intrattiene con Plog a parlare delle donne, delle pene d’amore, del matrimonio, quindi il fabbro chiede di poterli seguire in viaggio.

11) In marcia nel bosco
Il gruppo marcia nel bosco di notte e all’improvviso compaiono Lisa e Skat; Plog li insegue per attuare la vendetta e li raggiunge nei pressi di una piccola radura. Skat e Plog si scambiano una serie di insulti con grande divertimento di Jons; Lisa decide di tornare dal marito. Skat finge di uccidersi conficcando nel proprio petto un pugnale di scena e resta disteso ai piedi di un albero mentre gli altri prendono commiato.
Rimasto solo Skat si complimenta per la buona prova di recitazione e decide di rifugiarsi sopra un albero per trascorrere la notte. Mentre canticchia sente il rumore della sega di un boscaiolo ma si accorge subito che si tratta della Morte che sta abbattendo il suo albero. Spaventato le chiede un rinvio che non viene concesso, per cui l’albero crolla e provoca la morte dell’attore.
Il settimo sigillo è girato quasi totalmente in esterni, delle 17 sequenze solo quattro sono ambientate in interni.
Come nella migliore tradizione del cinema scandinavo i motivi paesaggistici prendono corpo nell’impianto simbolico con esplicita valenza diegetica, come nelle scene del bosco. Il suo valore misterico risalta immediatamente: il bosco è forse il luogo più adatto per evidenziare l’enigma del destino imminente, le luci filtrano velate e i suoni richiamano atmosfere fiabesche, terrificanti. Il bosco viene così a rappresentare l’esemplificazione visiva del climax: luogo aperto e chiuso al tempo stesso, cruciale e rilevatore per l’ultima mossa della partita (la morte dà scacco a Block) ma anche per la decisione di fuga di Jof e Mia, oltre che letale per Skat prima, per la strega in seguito e per Raval in preda alla peste.

12 Ancora in viaggio
Riprende la marcia del gruppo. Alcune dissolvenze interne scandiscono gli spostamenti della carovana, poi i vari personaggi sottolineano l’atmosfera di inquietudine che regna nella notte, come in attesa di una catastrofe imminente. Incrociano poi un altro carro, quello che trasporta la giovane strega, e Jons aiuta i soldati ad attraversare un piccolo guado.
La marcia prosegue con Block in testa al gruppo e nuovamente incontrano i soldati che preparano il rogo per la strega.  Block le si avvicina e parla con lei mentre un soldato ascolta. Il Cavaliere insiste con le domande e si avvicina ad un monaco, ma ancora un volta è la Morte, che gli intima di smetterla con le domande.
Block cerca di alleviare le pene della presunta strega, poi i soldati preparano il rogo e la ragazza viene arsa viva sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti. Il gruppo riprende il cammino.
 
13) La carovana nel bosco
La carovana si accampa nel bosco, Bock gioca a scacchi e gli altri si appartano a gruppetti terrorizzati dalla sensazione della fine. Compare improssivamente Raval agonizzante per la peste e domanda disperatamente aiuto. Tutti la guardano ma solo la ragazza muta prova a raggiungerlo con l’acqua; il suo tentativo viene però smorzato da Jons che le spiega l’inutilità del gesto. Raval muore al centro della piccola radura dopo una straziante agonia. La morte raggiunge Block presso la scacchiera e i due ricominciano la partita. Jof e la moglie decidono di partire da soli, Block li vede prepararsi ma non dice niente e continua a dialogare con la Morte per distrarne la sua attenzione dalla famiglia in partenza. La sequenza si chiude con la Morte che vince la partita per scacco matto.
La scacchiera compare in scena prima della Morte, è appoggiata su uno scoglio e questo è il primo indizio che riguarda le abitudini del Cavaliere: si diletta in un gioco che stimola per eccellezna la strategia e il ragionamento, per cui un’ennesima metafora dell’esistenza, mentre in realtà è attanagliato dal dubbio per la propria vacillante fede.
Block gioca la sua partita sapendo di doverla perdere, come vive i suoi ultimi momenti consapevole dell’imminenza della morte. Nell’arco di queste frazioni temporali si propone due obiettivi: quello della ricerca interiore (che è anche ricerca di Dio e del significato dell’esistenza), e quello, direttamente correlato al primo, dell’atto ultimo che viene a coincidere con la mossa della salvezza per gli unici rimasti puri nei confronti della corruzione del mondo. Ci sono due momenti rappresentativi di tale punto di vista: nella sequenza del confessionale Block, dopo aver ammesso la sua impossibilità a sentire Dio dentro di sé, dichiara di avere una tattica con la quale poter sconfiggere la Morte a scacchi. Al di là dell’inganno che gli tende la Morte spacciandosi per il monaco, il Cavaliere crede ancora che la partita possa essere giocata ad armi pari, facendo riferimento alla sola abilità dei giocatori. La partita effetiva si sviluppa in tre momenti; l’approccio/apertura sulla spiaggia al primo incontro tra i due (seq. 2), lo scambio ai margini del bosco dopo il pasto a base di fragole e latte (seq. 9), e il finale nella foresta di notte poco prima del temporale (seq. 13). L’andamento della sfida segue quello dell’introspezione del Cavaliere, lo studio iniziale corrisponde alla fase in cui le domande restano sospese e il peregrinare del Cavaliere dubbioso; il confessionale assolve la funzione di preludio alla successiva svolta: Block esterna le proprie angosce e la propria tattica ma non ottiene risposte e paga per la sua ingenuità. In questo momento raggiunge il livello di inquietudine più estremo, ma la svolta avviene nel successivo incontro con Jof e Mia, i futuri destinatari dei suoi sforzi tattici ed esistenziali. Nell’ultima partita riuscirà, infatti, a distrarre la morte e questo permetterà ai due attori di fuggire e di salvarsi.

14) Jof e Mia sono in fuga mentre all’improvviso si scatena un forte vento e un temporale

15) Il castello del cavaliere

Block è in testa alla comitiva mentre si scatena il temporale; giungono al castello del Cavaliere ed entrano. Il padrone di casa ritrova la moglie dopo dieci anni di assenza: i due si scambiano delle tenerezze. Poi il cavaliere presenta alla consorte gli amici che sono arrivati con lui.

16) Arriva la morte
Karin legge i versi dell’Apocalisse quando si sente bussare. Jons va ad aprire la porta: è arrivata la Morte.

17) La danza macabra
I saltimbanchi si svegliano: il carro si trova al centro di una radura dove ora splende il sole. Jof vede all’orizzonte, sulla collina, le sagome dei compagni di viaggio della notte precedente accompagnate dalla Morte in una danza macabra.
La danza finale ha una precisa connotazione poetico-allegorica e un preciso riferimento filologico: la sensazione di morte, all’epoca, incombeva su qualsiasi ceto sociale e pare che il primo riferimento alla “Danse macabre” risalga ad una poesia di Jean de Lèvre del 1376. Da questa risalirebbe una credenza popolare secondo la quale la morte, danzando, avrebbe chiamato a sé ogni esponente della società; forse per questo nel Medioevo veniva condannata l’eccessiva passione per il ballo.

I riferimenti pittorici

Da sempre la critica è concorde nel ritenere il Dürer (in particolare con l’incisione Il cavaliere, la morte, il diavolo del 1513) fonte ispiratrice per il bianco e nero de Il settimo sigillo, ma non solo il grande pittore è un importante riferimento pittorico per il film di Bergman.
In questo senso sono importanti anche le influenze di Bruegel il Vecchio con un’opera particolare, come Il trionfo della morte (1562/1563 ca). Questo tema ripreso da innumerevoli affreschi dei secoli precedenti in cui la morte, sempre vista nella sua simbolica fisicità, appare implacabile con spada e falce e si impossessa del popolo senza distinzione di classe sociale: nel quadro come nel film compaiono in scena esponenti delle istituzioni ecclesiastiche come uomini del popolo, amanti e artisti.

Bibliografia 
Fabrizio Marini, Il settimo sigillo, Torino, Lindau, 2002
Ingmar Bergman, cenni biografici
Ingmar Bergman nasce a Uppsala nel 1918, da un pastore protestante, una figura con cui si troverà spesso a confrontarsi e che ricorrerà di frequente nel corso della sua opera, percorsa di continuo da riferimenti autobiografici. Inizia la carriera come autore e regista teatrale, e nel 1944 scrive la sua prima sceneggiatura, Spasimo, con cui entra nel mondo del cinema. Un anno dopo realizza il primo film come regista, Crisi, che come i successivi Nave per l'India (1947) e Musica nelle tenebre (1947), affronta tematiche sociali del mondo giovanile, facendo denunce con toni aggressivi. Il modello di riferimento di Bergman, in questa fase, è il realismo, da cui si distacca già nel 1948, con Prigione, allorchè inizia a sperimentare tecniche surrealiste ed espressioniste, che utilizza per approfondire i comportamenti e la psicologia umana. Su questa strada si incontrano opere come Un'estate d'amore (1950), Donne in attesa (1952), Monica e il desiderio (1952), Una lezione d'amore (1954), nelle quali si afferma uno studio attento della psicologia femminile, soprattutto - ma non solo - all'interno del rapporto sentimentale. La donna, infatti, attraverso le interpretazioni di attrici come Ingrid Thulin, Liv Ullman, Harriet e Bibi Andersson, Gunnel Lindblom, Ingrid Bergman, diventa l'immagine della natura umana, vittima di tensioni e di aridità esistenziali, spesso rappresentate attraverso il rapporto con la maternità, la sua ricerca e il suo rifiuto.
Il film che impone Bergman all'attenzione della critica internazionale è Sorrisi di una notte d'estate (1955), commedia sui rapporti sentimentali, che si serve dei modelli del teatro brillante del Settecento francese per osservare con amarezza l'instabilità dei sentimenti e la complessità dei rapporti umani.
É dell'anno successivo uno dei capolavori bergmaniani, Il settimo sigillo (1956), geniale affresco medievale, nel quale l'autore riflette su vita e morte, sul rapporto fra uomo e Dio, sul senso della propria esistenza, sulla miseria e la nobiltà della natura umana.
Gli stessi temi esistenziali, affrontati alla luce della psicanalisi, sono presenti anche nel successivo Il posto delle fragole (1957), dove si racconta il viaggio nel tempo, nel passato e nella fantasia che un vecchio professore intraprende, al termine della propria vita, per ritrovare un'immagine di sé che si era affannato a rimuovere. Una tragedia filosofica, densa di riferimenti culturali che vanno da Joyce a Proust, da Mann a Kierkegaard, per dimostrare come la morte si nasconda dietro le fugaci apparenze della vita.
Temi religiosi trattati con un'ottica laica: il problema del vuoto che si sostituisce alla perdita della fede, la ricerca di una religiosità intima e non formalistica, l'incomunicabilità fra individui, sono al centro delle sue opere successive, fra cui si segnalano La fontana della vergine (1959), Come in uno specchio (1961) e Il silenzio (1963). É in questo momento che si definisce compiutamente lo stile e gli intenti di Bergman che cerca di svelare il mistero che si cela al di là le apparenze, che nasconde i suoi interrogativi dietro schermi fatti di memoria, sogno, psicosi, che mette sempre più in dubbio l'esistenza di Dio, ma la ripropone ogni volta sotto diverse spoglie, che assumono sembianze differenti: prima la morte, poi il sesso, adesso il male.
É anche in questa fase che Bergman comincia ad essere considerato autore difficile, intellettuale ad oltranza, cupo e destinato a pochi, immagine che sicuramente non smentisce nelle pellicole che gira in seguito - Persona (1966), Il Rito (1969), Passion (1970) - trattati sulla morte, la crudeltà umana, il disfacimento della società e la solitudine, sempre più cupi ed angoscianti. Si tratta comunque di opere profonde ed acute, nelle quali il regista si conferma uno dei massimi interpreti dell'animo tormentato dell'uomo contemporaneo.
Sussurri e grida (1973), Scene da un matrimonio (1974, destinato alla televisione) e Immagine allo specchio (1976) sono forse le opere in cui Bergman conduce alle estreme conseguenze la propria filosofia artistica. Con stile rigoroso, semplice fino alla banalità, va ad analizzare le piccole normalità quotidiane per scoprire che sono tutte il frutto di un'ipocrisia, che diventa tanto più patetica perché inevitabile e pericolosa da svelare, in quanto su di essa si fonda il precario equilibrio che le persone riescono a conquistare. Eliminata la presenza di una divinità, il male di vivere bergmaniano diventa un percorso interiore che distrugge ogni sicurezza su cui si appoggia l'esistenza comune.
Fanny e Alexander (1983), che segue due pellicole dagli intenti psicanalitici (Sinfonia d'autunno, 1978 e Un mondo di marionette, 1980), è uno splendido racconto, in gran parte autobiografico, su due adolescenti svedesi di inizio secolo, nel quale il regista sviluppa, con una partecipazione mai invadente, i motivi e le emozioni da cui è partito per comporre le sue opere.
Altri film realizzati da Bergman sono: Dopo la prova (1984), Il segno (1986), Vanità e affanni (1997). Ingmar Bergman è morto nel 2007.

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