giovedì 24 settembre 2009

L'ANNO IN CUI I MIEI GENITORI ANDARONO IN VACANZA

Un film di Cao Hamburger
Soggetto: C. Hamburger, Cláudio Galperin
Sceneggiatura: C. Hamburger, C. Galperin, Bráulio Mantovani, Anna Muylaert
Fotografia: Adriano Goldman   
Musiche: Beto Villares
Montaggio: Daniel  Rezende
Scenografia: Cássio Amarante
Costumi: Cristina Camargo
Effetti: Marcelo Ferreira Peejay
Interpreti: Michel Joelsas (Mauro), Germano Haiut (Shlomo), Paulo Autran (Nonno Mótel), Daniela Piepszyk (Hanna), Simone Spoladore (Bia), Caio Blat (Ítalo), Liliana Castro (Irene), Eduardo  Moreira (Daniel), Gabriel Eric Bursztein (Bóris), Felipe Hanna Braun (Caco), Haim Fridman (Duda)
Produzione: Gullane Filmes
Origine: Brasile
Anno di edizione: 2008
Durata: 104’

Sinossi
Brasile 1970. Il paese è attanagliato dalla dittatura militare e quella stessa estate, in Messico, si svolgono i campionati del mondo di calcio. Con prepotenti aspettative per quel che riuscirà a combinare la squadra capitanata da Pelé. In questo contesto il dodicenne Mauro viene imbarcato dai genitori nel maggiolino di famiglia. Da Belo Horizonte puntano verso San Paolo, quartiere Bom Retiro. Lì abita il nonno. Dove Mauro dovrà trascorrere qualche tempo in attesa del ritorno dei genitori. Lui non è molto convinto di questa soluzione, ma i suoi sono piuttosto concitati, gli promettono di rientrare per la prima partita dei mondiali e partono per la presunta vacanza. Mauro si ritrova così davanti alla porta della casa del nonno. Nessuno sa che, nel frattempo, il vecchio è stato vittima di un infarto. Tocca a Shlomo, il vicino, avvicinare il ragazzino. Ma il rapporto non è per niente facile. Tocca smussare gli angoli. E ci vuole anche l'intervento del rabbino che chiama in causa dio per convincere Shlomo a farsi carico di Mauro, «se dio lo ha lasciato davanti alla tua porta deve sapere quel che fa». Un nuovo mondo si schiude, la piccola Hana fa conoscere a Mauro dei coetanei, e insieme, ebrei, italiani, greci sono unificati dal tifo per i verdeoro che marciano verso il trionfo finale, contro l'Italia, sconfitta 4 a 1. I genitori non sono tornati e neppure sono in vacanza, sono oppositori del regime in fuga.

ANALISI DEL FILM

1) Partenza
Siamo nel 1970.Due giovani genitori , Bia e Daniel, perseguitati politici dal regime militare che ha governato il Brasile per un lungo periodo (1964-1985) stanno organizzando la fuga per non essere arrestati.  Il loro figlio Mauro gioca al calcio da tavolo. Il calcio connota tutto il film come un elemento di evasione, di divertimento, direttamente collegato al mondo dell'infanzia e ai suoi sogni. Non a caso la sequenza si apre con le immagini in dettaglio del gioco del bambino e la voce over del suo pensiero sul ruolo del portiere che diventerà un elemento metaforico del film come potremmo meglio chiarire più avanti. Ad interrompere i sogni del bambino il rumore dei ciottoli che cadono alla madre: irruzione violenta della realtà nella calma del pensiero e primo elemento del nervosismo della donna, preoccupata per la grave situazione.
Del resto, per tutta la storia, osserveremo come Mauro sia un bambino che non riesce a gustare fino in fondo le bellezze dell’infanzia in quanto perennemente in bilico tra il mondo reale e quello sognato. Lungi dal voler essere un semplice film di formazione in cui si mostra il passaggio del protagonista dall'infanzia alla sfera adulta, la vicenda tratta un tema impegnativo e importante come quello dell’esilio.
Lo stile del film è realistico con la macchina da presa che si muove sempre leggermente dando un “sapore” quasi documentaristico alle sequenze. Anche il montaggio è "nervoso" con l'uso del “jump cut” ovvero di tagli che saltano sulla stessa scena. L'uso di numerose inquadrature in dettaglio sembrano, inoltre, essere utilizzate dal regista per raccontare una realtà non unitaria, una realtà così come la vede e la percepisce Mauro che cerca, proprio attraverso questi frammenti, di dare un senso alla situazione angosciante che sta vivendo (durante una notte passata in un hotel dirà al padre che non riesce a dormire) ma che non riesce a comprendere nella sua totalità.
Un ultimo tiro con i tappini, ultima concessione all'intimità e alla felicità della famiglia che sarà per sempre violata, e poi via, di corsa, in fuga verso San Paolo. Con l'ultima immagine desolata della casa proprio su quella scatoletta che nel gioco da tavolo ha la funzione del portiere abbandonata per la partenza precipitosa.

2) La fuga
Anche durante il viaggio verso San Paolo si parla di calcio ascoltando la radio in auto. Il commento su Pelè e Tostão sarà ripetuto da Mauro per darsi un tono da adulto quando discuterà di calcio nel bar di Irene. Ma il calcio, elemento di contatto tra padre figlio, e quindi momento di distrazione e felicità, viene immediatamente interrotto dalla presenza inquietante del camion dell'esercito che ci fa comprendere il motivo di tanta ansia da parte dei genitori. L'inquadratura della vettura su cui viaggia la famiglia dal camion dei soldati è significativa perché è incornicia l'auto della tra due fucili che si protendono minacciosi e inquietanti fuori del cassone del mezzo militare.
Anche l'inquadratura che mostra il passaggio dell'auto in campo lungo con il filo spinato in primo piano è un altro segno del pericolo a cui va incontro la famiglia. Tutto questo ripreso in un'inquadratura che inizia fuori fuoco e termina fuori fuoco giocando, quindi, anche attraverso questo espediente di ripresa, su piccole suggestioni e allusioni,  in sintonia con una narrazione che non vuol mai essere drammaticamente esplicita ma si incentra su piccoli dettagli, fugaci sguardi e gesti.

3) Arrivo a San Paolo e in attesa del nonno Mòtel
L'arrivo in città è visto tutto dal punto di vista del ragazzino: attraverso il suo sguardo meravigliato ed eccitato dal finestrino dell'auto da cui scorgiamo gli alti palazzi e le strane figure degli ebrei ortodossi sui marciapiedi del quartiere dove vive il nonno.
L'arrivo è caratterizzato dall'ennesimo segnale di pericolo con la sirena dell'ambulanza, che allerta i genitori preoccupati per un probabile l'inseguimento della polizia, e che sottolinea il momento in cui in fretta e furia i genitori lasciano Mauro sulla soglia della casa. Si sentono il fiato sul collo e quindi non c'è neanche il tempo di salutare il vecchio Motel. La solitudine e lo straniamento del bambino è tutto raccontato attraverso quell'inquadratura che in carrellata si allontana lasciandolo in campo lunghissimo, solo, con la sua valigetta e il pallone, mentre angosciato guarda allontanarsi l' auto dei genitori.
Il regista pedina Mauro, con una carrellata, seguendo la sua entrata nel palazzo. All'inizio incontriamo Hanna, che diventerà la sua migliore amica, accompagnata dalla madre e ascoltiamo la conversazione in quella strana lingua, lo yiddish, tra due donne che neanche si accorgono della presenza del ragazzino.
Una volta alla porta dell'appartamento del nonno non risponde nessuno ed allora il calcio, sogno e mito del ragazzino, viene in aiuto, prima palleggiando con il pallone consegnatogli dal padre, e poi giocando a tappini. Ma senza i portieri, quelle scatolette che sono rimaste a casa nel convulso trasloco, il gioco non è più divertente.
Shlomo, il mentore, colui che aiuterà il nostro piccolo eroe a superare le difficoltà del suo terribile percorso di vita, fa la sua entrata in scena nel classico ruolo del “burbero aiutante”: comunicando in yiddish, incomprensibile al ragazzino, e subito entrando in contrasto con lui.

4) Funerale
Durante la cerimonia lo straniamento di Mauro è evidente.. Non solo tutti  i presenti sono anziani e lo guardano in modo strano dall'alto verso il basso, ma lo obbligano ad indossare il tipico copricapo rotondo e piatto, la "kippà". L'utilizzo di questo copricapo è prescritto per ogni atto religioso e durante le preghiere e rappresenta il sentimento di rispetto verso colui che è in cielo, al di sopra. La "kippà", però, non vuol saperne di restare sulla testa di Mauro significativamente anticipando il fatto  che Mauro non è un ebreo e quindi è di fatto fuori luogo in quella, per lui, strana cerimonia.
Ma è a questo punto che cominciamo a comprendere che cosa è accaduto... Con un flash back, che interrompe la cerimonia , infatti. si ricostruiscono i fatti: il vecchio, Motel spaventato per la situazione del figlio, braccato dai militari, ha infarto e muore . E per capire cosa è realmente accaduto la macchina da presa inquadra da un altro punto di vista scene a cui abbiamo già assistito in precedenza. La telefonata che fa il padre di Mauro al proprio padre è inquadrata in contro campo rispetto alla prima sequenza, dove Daniel era inquadrato di spalle, mentre adesso è in primo piano. Come in un beffardo gioco del rovescio in cui si disvelano i retroscena, solo adesso comprendiamo la presenza inquietante dell'ambulanza che, in effetti, trasportava il nonno all'ospedale in un'inutile tentativo di salvataggio.

5) Mauro solo in casa, Shlomo dal rabbino
La figura del rabbino, nella letteratura ebraica, diventa il paradigma dell'essere ebreo. Figura ridondante per l'enfatica attenzione di cui è oggetto, il rabbino svetta tra i personaggi per la sua visibilità e la sua responsabilità nella comunità. Vezzeggiato e riverito, perfino venerato, ma talvolta anche irriso e strapazzato, il rabbino deve comunque sostenere il peso delle continue sollecitazioni di tutta la comunità. Il suo viso illuminato, circondato dalla super fluente santità del pelo, sempre assorto nella profondità del suo sapere per dare risposta ai mille interrogativi, alle mille richieste e ai mille bisogni. Risolve la situazione con l'astuzia affidandosi alla parola della Bibbia che fanno di lui  una sorta di sibilla cumana. La prima volta il rabbino liquida velocemente il vecchio Shlomo mentre  la seconda volta presiede un comitato di fedeli che discute animatamente il caso di Mauro. Ed allora che interviene risoluto il rabbino dicendo che è un po' come se si trattasse di un nuovo «piccolo Mosè» salvato dalle acque. Proprio a lui, a Shlomo, dunque, tocca prendersene cura, come toccò alla figlia del faraone prendersi cura dell'altro Mosè, quello antico.
Intanto a casa, Mauro sente il suono del telefono nella casa del nonno. Mauro pensa che sia la telefonata tanto aspettata dei genitori e allora si precipita all'appartamento che è però chiuso e quindi tenta di scavalcare il balcone per giungere nell'appartamento attiguo. Altro momento di pericolo che ci fa ancora una volta comprendere la situazione drammatica del ragazzino che viene vissuta da lui in maniera del tutto inconsapevole e sprovveduta. È l'arrivo di Hanna che lo salva. Hanna si prefigura come il personaggio dell'aiutante cioè di colei che riuscirà ad aiutare, inserendolo della comunità, lo spaesato ragazzino.
Interessante l'uso del sonoro da parte del regista nella scena sulla balaustra. Piano piano il suono della telefonata prevarica su tutti gli altri suoni diegetici creando così una situazione iperrealistica dove lo squillo, ossessione del ragazzino, diventa l'elemento soggettivo più importante. Solo la voce di Hanna ci riporterà alla realtà. Ed il telefono diventa da questo momento l'elemento simbolico che narra la solitudine  del nostro protagonista (Mauro prova a chiamare i genitori  ma il telefono suona nella casa vuota di Belo Horizonte ) e il filo dell'apparecchio (allungato da Shlomo per consentire a Mauro di ricevere l'eventuale telefonata anche dal suo appartamento), a cui il regista dedica vari dettagli, diventa una sorta di metaforico cordone ombelicale.

6) Primi tentativi di convivenza e litigio
Divertenti, anche se sempre venati da un'ombra di malinconia, i momenti della convivenza con Shlomo, in cui i ragazzino osserva con curiosità le abitudini del vecchio ebreo, i suoi silenzi, i suoi riti quotidiani, il cibo che mangia e a cui, suo malgrado, si deve abituare, proprio lui che è un goy, cioè un non ebreo, come si accorge il vecchio dopo che, per caso, ha visto che Mauro non è circonciso. I due a causa di questa incompatibilità culturale e caratteriale finiscono per litigare. Eloquente è l'inquadratura esterna alla casa che riprende dalle terrazze i due appartamenti in maniera speculare e simmetrica. All'interno, nelle rispettive cucine, i due personaggi consumano la cena separatamente. E' una scena che riesce ad esprimere chiaramente la situazione psicologica dei personaggi chiusi entrambe in simili e comuni, seppur non condivise, paure e solitudini.
Solo, in casa del nonno, Mauro prova a a diventare un adulto indipendente ma non ci riesce. I suoi tentativi di cucinare risultano goffi e comici e alla fine non può fare a meno di rifugiarsi  nel gioco infantile del travestimento da adulto con i vestiti del nonno. Rovistando nei cassetti, Mauro,  non solo trova del denaro,  con il quale invece di comprarsi del cibo  si fa comprare da Hanna delle figurine, ma trova anche due fotografie che ritraggono suo padre e suo nonno che indossano, alternativamente, un cappello nero. Lo stesso cappello viene, poi, indossato da Mauro. Ennesimo elemento simbolico del film, il cappello diventa, allora,  una sorta di testimone che passa di generazione in generazione.
Ci sono due diversi livelli narrativi, in L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza. Il primo,quotidiano e spesso dolce, è attento non solo ai timori di Mauro, ma anche alla sua voglia di vita e alle sue curiosità di preadolescente. Il secondo, storico e politico, è il più drammatico, ma è anche il più sottinteso, e quasi taciuto come nel caso in cui il dissenso è raccontato con la scena, intravista da Mauro di notte dalla finestra del suo appartamento, di un giovane che scrive sul muro abbasso la dittatura.
Nella vicenda personale di Mauro è ancora una volta Hanna a risolvere la situazione entrando con risolutezza nell'appartamento e nella vita del ragazzo. Intelligente e intraprendente, Hanna, porta del cibo a Mauro e lo invita, successivamente, ad uscire per giocare. All'inizio Mauro è reticente perché teme di perdere la telefonata dei genitori, poi però la voglia di divertirsi, di rimuovere, seppure momentaneamente, le proprie angosce, prende il sopravvento. Ed allora raggiunge Hanna per strada. Sono però momenti di felicità che non si fanno mai dimenticare, seppure a livello metaforico, il pericolo in cui vive Mauro. Per strada, infatti, mentre il nostro piccolo protagonista racconta ad Hanna che i suoi genitori saranno di ritorno in occasione dei mondiali di calcio,  improvvisamente, un cane feroce, da dietro un cancello, abbaia e ringhia al ragazzino spaventandolo: un altro dei tanti segni di pericolo che punteggiano tutta la storia.
Il rapporto con gli altri adolescenti è uno dei temi più divertenti del film e segna anche l'incontro di Mauro con la sessualità che si racconta con leggerezza nei tentativi voyeuristici dei ragazzi dietro gli specchi della sartoria, nella conoscenza della bella e sensuale Irene o nella delicata amicizia, con venature sentimentali, con Hanna. È proprio dopo un bacio di Irene, motivo di invidia dei maschietti e di gelosia di Hanna, che Mauro sembra diventare più consapevole e sereno: ricostruisce il rapporto con Shlomo e si inserisce nella comunità.

7) Iniziano i mondiali e la partita di quartiere
Il calcio si affaccia nuovamente e prepotentemente nella storia con l'inizio dei mondiali messicani trasmessi in televisione ai quali assistono con uguale gioia tutti i brasiliani indipendentemente dalle loro idee politiche e dalla loro cultura. Il montaggio unisce le inquadrature sugli eterogenei spettatori ripresi in spazi e ambienti diversi, creando così un collage divertente e bizzarro. Il calcio come divertimento, dunque, e come evasione dai problemi della realtà che distrae, ma solo parzialmente, anche Mauro dalla sua angoscia. Ma il calcio è presente anche nella versione più domestica e  meno celebrata della partitella fra italiani ed ebrei a cui partecipa anche il fidanzato di Irene. Invidiato da tutto il quartiere, l'abbiamo sempre visto nascosto da un casco che lo rendeva un personaggio misterioso ma adesso, in occasione della partitella, il suo aspetto è svelato: è un nero peraltro bravissimo tra i pali. Il ruolo del portiere è l'ennesima metafora usata nel film per raccontare la solitudine di un ruolo poco celebrato (in un momento in cui tutta l'attenzione del pubblico è concentrata sui goal di Pelè) ma importante e ricco di implicazione psicologiche. Il portiere soffre da solo nella sua metà campo, mentre tutti gli altri, sono impegnati all'attacco, proprio come la condizione di Mauro che è solo nel difendere l'alibi dei genitori “in vacanza”e soffre senza poter fare niente, senza poter partecipare attivamente. La partita del quartiere ci permette anche di osservare  una popolazione multietnica composta, come fa notare Mauro in qualità di narratore con la sua voce over, da culture, che anche se diverse, convivono insieme in armonia.

8) Shlomo e Italo
Con discrezione, silenzioso ma sempre più coinvolto nella vita di Mauro, Shlomo decide di mettersi alla ricerca dei genitori del bambino finendo inevitabilmente nelle mani della polizia. L'arresto di Shlomo è l'unica scena che non si identifica con lo sguardo di Mauro, in un racconto tutto fatto in prima persona. E' Italo, un giovane studente universitario italiano e oppositore del regime che aiuta Shlomo nella ricerca dei giovani coniugi perseguitai: lo intuiamo, anche qui, attraverso gli sguardi di Mauro che osserva quel parlottare continuo tra il vecchio e lo studente, senza comprendere, noi spettatori, come il piccolo protagonista, che cosa si stanno dicendo. Ma la tensione è nell'aria fino ad esplodere ed essere finalmente esplicita nella carica di polizia raccontata dal regista con una macchina a mano che rende quella sequenza simile a un vero reportage giornalistico.

9) Il ritorno della madre
Ed è proprio durante la finale vinta contro la nazionale italiana di Riva e compagni, massimo momento di gioia nazionale brasiliana, che il tifoso Mauro abbandona lo schermo televisivo per ritornare da Shlomo rilasciato dalla polizia. Non solo incontra il vecchio ma può anche riabbracciare la madre distesa su un letto, in casa del nonno, con gli occhi pesti e vuoti. Bia è tornata dalle "vacanze", ma senza Daniel. E il ragazzino scopre che sulla sua vita e sulla sua memoria peseranno altre domande, oltre a quella circa Pelé e Tostão.

UNITA’ DIDATTICHE

Unità 1

Dove si svolge la storia?

Quando si svolge la storia? Sai definire il contesto storico in cui avviene?

Perché i genitori mentono a Mauro dicendogli che vanno in vacanza?

Quando arrivano davanti alla porta dell'abitazione del nonno passa un'ambulanza... più avanti nel film c'è una sequenza di flash back che ci spiega cosa sta avvenendo e cioè che.....

Come si definisce la voce di Mauro che ogni tanto racconta e commenta la sua storia?

Che funzione narrativa ha questo commento di Mauro?

L'ultima inquadratura della sequenza proposta vediamo la macchina da presa che si allontana con una carrellata indietro grazie alla camera-car. Qual'è il significato di questa inquadratura?

Unità 2

Com'è il rapporto tra Shlomo e Mauro?

Perché Mauro all'inizio non accetta la proposta di Hanna di giocare con altri ragazzi fuori in strada?

Mauro cambia idea ed esce dall'appartamento per andare a giocare. Per strada proprio mentre Mauro dice ad Hanna che i suoi genitori saranno di ritorno dalle vacanze per i mondiali di calcio un cane improvvisamente ringhia al ragazzo. Prova a commentare questa scena e il suo significato.

I costumi nel film sono importanti per connotare un personaggio. In questo film Mauro indossa un cappello nero che ha trovato nella casa del nonno. Sai dire che significato assume nella storia questa sua scelta.?

Unità 3


Quali sono le figure femminili significative per Mauro?

Nel film si vede e si parla spesso di calcio, perché?

Che cosa vuol rappresentare il calcio nel film?


Unità 4

Il quartiere Bom Retiro dove si svolge la vicenda è un quartiere multietnico. Che cosa significa esattamente il termine “multietnico”?

Quali sono le etnie e le culture presenti nel quartiere?
Che cosa fa Shlomo?

Come termina il film?

Scrivi una tua recensione sul film spiegando perché ti è piaciuto oppure no.



Torna a schede scuola media

Nessun commento:

Posta un commento